Enrico Mirani: «La Brescia che fu, così simile a quella di oggi»
Una città differente, ma tutto sommato simile, con i suoi sapori e odori, le sue piccole storie di quotidianità. In fondo non è così difficile, passeggiando per il centro, immaginare la Brescia di un secolo fa: la fioraia sull’angolo, il vociare dell’osteria, il suono di una fisarmonica… basta chiudere gli occhi un attimo ed è un’epoca che rivive. Come riappare, sapientemente ricostruita ne «Il Brigadiere del Carmine e i ladri gastronomici» di Enrico Mirani (Liberedizioni), l’ottavo episodio della saga del brigadiere Francesco Setti, di cui il giornalista e scrittore ha parlato a Librixia, in dialogo con Marcello Zane ed Erminio Bissolotti.
La trama
Siamo nell’inverno 1920: Brescia sta uscendo a fatica dalla Grande guerra e deve fare i conti con crisi economica e tensioni sociali. In tale cornice avviene il ritrovamento, ai piedi del Castello, del cadavere di un giovane soldato, orrendamente assassinato. Un giallo, dunque, ma anche molto di più. Lo sottolinea Zane: «Un intreccio mirabile fra tre percorsi: l’indagine propriamente detta che ne costituisce la trama; l’attenzione ai personaggi e l’ambientazione storica nella nostra città. Non a caso i romanzi sono molto letti anche fuori Brescia. L’autore – prosegue lo storico – guarda a questo periodo in senso antropologico, partendo dalla “piccola storia”, dal basso».
Brescia città aperta
«Allora – osserva Mirani – non arrivavano immigrati da luoghi lontani, ma la città era comunque aperta e inclusiva, accoglieva tanta gente dal contado. Era una realtà diversa, ma nella quale ci ritroviamo, con la Chiesa del Carmine che fino al ’20-’21 era un magazzino, la Pinacoteca e il Capitolium allora chiusi e le opere d’arte trasferite a Roma, con l’arrivo degli austriaci dopo Caporetto tanto che, quando rientreranno nell’aprile 1920, sarà una grande festa».
Lo scrittore ha tra l’altro inserito una cartina a fine volume, per districarsi nella toponomastica. Il brigadiere Setti, che viene da un paesotto del Cremonese, ha imparato a sua volta a «brescianizzarsi»: il lettore lo può seguire nelle piccole gite al Carmine, nei rapporti con le «sue» donne, Elena e Teresa, o con l’appuntato Mario Serafini. È protagonista sì, ma comprimario con la Leonessa, dentro il cui ventre si ritrova spettatore e attore.
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