Ecco «l'Atlante dell'insensatezza ormai assimilata»
Tutto esaurito al Conservatorio Campiani di Mantova per veder scorrere le tristi e geniali immagini dell’«Atlante dei Classici Padani» (Krisis Publishing), realizzato dall’artista bresciano Filippo Minelli con Emanuele Galesi, giornalista del nostro quotidiano.
A parlare di questo repertorio dei «paesaggi d’asfalto» della macroregione padana è intervenuto Wu Ming 1, del noto collettivo bolognese di scrittori. «Opera definitiva sulla deturpazione del paesaggio padano» è per Wu Ming 1 il libro, oltre 700 pagine di immagini e testi che raccontano un territorio «cementificato, asfaltato, soffocato da svincoli e invaso da rotatorie».
Una «metastasi cementizia» che arriva ai piedi delle Alpi, a volte intraviste sullo sfondo: «Quella visione ci indica la via di fuga: saranno forse le montagne, con i loro fenomeni di resistenza collettiva alle grandi opere, a salvare la pianura. Altrimenti la macroregione diventerà il nostro carcere dell’anima».
In questo carcere prolifera l’«edilizia di comunicazione», espressione richiamata ieri dalla geografa Paola Bonora citando un libro dell’architetto americano Robert Venturi: nel 1972 parlò di architetture postmoderne pensate «per la visione sfuggente dell’automobile».
È ciò che incontriamo nella nostra pianura: «Un cambiamento - dice Minelli - che dagli anni ’60 ha trasformato il paesaggio e la sua percezione». E che ha mutato anche la nostra mente, come annota Galesi: «Generando ad esempio quel fastidio del vuoto da cui nasce la strategia del capannone, il metodo più semplice di occupazione sistematica del suolo. Noi abbiamo voluto dare un nome a una sensazione indefinibile di disagio, di dissesto psicologico, a un’insensatezza che abbiamo finito con l’assimilare».
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