Ecco «Emma», la primogenita della Brixia Comix Edizioni
Il legame di Brescia col mondo del fumetto ha radici più profonde di quanto si possa pensare e alcuni esempi di spicco nel panorama autoriale italiano e non solo. Basti pensare alla fucina di talenti del gruppo Hammer, la serie che negli anni Novanta introdusse un nuovo modo di raccontare la fantascienza.
Da pochi giorni, oltre alla sede della Scuola Internazionale di Comics (Accademia della Arti Figurative e Digitali) di corso Matteotti 54, la nostra città può farsi vanto anche di una casa editrice tutta dedicata agli albi a fumetto. Si chiama Brixia Comix Edizioni e come la stessa Accademia è diretta da Riccardo Borsoni, uno degli esponenti del gruppo Hammer.
Sceneggiatore e fumettista, ha deciso di scollare le sue competenze dalle case editrici che, inevitabilmente, mettevano paletti e imponevano regole a lui a volte troppo strette. E così è nato «Emma» il primo volume di una delle autoproduzioni a venire.
«È un’operazione complessa nata anni fa: avevo già in testa l’idea - ha raccontato Borsoni nei giorni scorsi durante la presentazione del libro al Caffè Letterario Primo Piano - e il risultato è questo volume autoconclusivo di 96 pagine; io e i miei disegnatori, Vittorio Santi e Luca Pedroni, abbiamo mantenuto lo standard fumettistico per la lunghezza, su un formato francese con illustrazioni rigorosamente in bianco e nero».
Vittorio Santi e Luca Pedroni (come Melissa Spandri e Silvia Cucchi, che hanno disegnato alcune pagine) vengono dalla Scuola Internazionale di Comics, e non è un caso. Per Borsoni la collaborazione tra l’istituto e la casa editrice è venuta naturale, anche se - lo ha detto chiaramente - non vuole legarsi ad essa con nodi troppo stretti.
«La produzione nasce da una costola della scuola, è vero, ma non vogliamo porci limiti, prendendo anche una via autonoma aperta a collaborazioni esterne».
Gotico, avventuroso, con una classica caccia al cattivo; «Emma» gioca la sua trama tra il passato e il presente, tra le ambientazioni delle guerre napoleoniche e i nostri giorni tecnologici, per sfumare talvolta nell’horror, altre nel giallo, qua e là nello splatter non eccessivamente spinto.
Una protagonista ricciuta, un mostro che ritorna. «I generi ormai si mischiano, come nelle serie trasmesse in tv, non c’è da stupirsi - chiarisce Riccardo Borsoni, ideatore e sceneggiatore del fumetto -. L’idea originale era omaggiare una serie di autori di fine Ottocento e inizio Novecento che divulgarono la letteratura fantastica donandola al popolo attraverso opuscoletti scadenti distribuiti nei luoghi di passaggio, come in alberghi e stazioni. La gente li leggeva poi li abbandonava sul treno, un po’ come facciamo oggi con Tex o Diabolik».
Una letteratura di spessore, mica da ridere; gli autori erano Mary Shelley, Edgar Allan Poe e Robert Louis Stevenson. Una letteratura che è esplosa e che ha virato in sottofiloni ormai tradizionali, come l’horror, il gotico, la fantascienza.
«A folgorarmi è stata però la serie tv Penny Dreadful - rivela Borsoni -, un horror ambientato a fine Ottocento. L’iconografia, i costumi, le capigliature, le abitudini: abbiamo studiato molto e ci siamo immersi nell’atmosfera».
Perché Riccardo Borsoni, Vittorio Santi e Luca Pedroni vogliono riappropriasi dell’iconografia gotica e vogliono capire se i giovani apprezzano le tinte nere di inizio Novecento. Vogliono allontanarsi dai «vampiri liceali che giocano a baseball».
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