Cultura

Dalla foresta del Nord a «Nord Nord», i libri consigliati ad aprile

La Redazione Web
La bussola delle recensioni del mese punta verso l’alto: ci sono due romanzi di insolita poesia e un viaggio tra i libri censurati, ma non solo
I libri consigliati dalla redazione per questo mese parlano anche di Nord e di foreste
I libri consigliati dalla redazione per questo mese parlano anche di Nord e di foreste
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Dalla Foresta nel Nord di Daniel Mason a «Nord Nord» di Marco Belpoliti: è dove punta questo mese la bussola dei libri consigliati per aprile da giornaliste e giornalisti della redazione del Giornale di Brescia. Due romanzi recenti, di insolita poesia,  e che usano la geografia come perno per orientare la narrazione. E poi, di recentissima pubblicazione, anche «Bebelplatz» di Fabio Stassi, un viaggio nella memoria fra censura e ribellione. 

«La foresta del Nord»

Di Daniel Mason

La copertina di La foresta del Nord
La copertina di La foresta del Nord

(Traduzione di Massimo Ortelio, Neri Pozza, 2024, pp. 384, 20 euro)

Nei boschi del Nord c’è una casa gialla che prima non c’era. Prima erano solo gli alberi, il vento, gli animali e il fogliame a dominare quell’angolo di Eden sperduto nelle terre ancora vergini fra il New England e il Massachusetts. Finché una coppia di giovani amanti, in fuga dalla gente e dal giudizio austero della colonia puritana, fa di quel luogo il suo regno. Si apre così «North Woods» (in italiano «La foresta del Nord») di Daniel Mason, scrittore-biologo già (ri)conosciuto per i suoi precedenti «L’accordatore di piano» e «Soldato d’inverno» e osannato dalla critica per questo romanzo storico che gioca coi confini e i limiti, riplasmando l’essenza stessa del romanzo.

Protagonista del libro è proprio la casa gialla in mezzo al bosco, attorno a cui ruotano le vite umane e non che la abitano durante i quattrocento anni che intercorrono dal 1760 ai giorni nostri. Una giostra di personaggi che spazia dal soldato pentito che sogna di coltivare la mela perfetta, alle sue figlie ed eredi, consumate da sentimenti di gelosia e risentimento. Ci sono i nativi e i cacciatori di schiavi negri, una medium ciarlatana che si imbatte in spiriti potenti, un pittore ossessionato e un giovane schizofrenico convinto di poter ricucire il mondo col suo vagabondare inquieto. Ma ci sono anche gli insetti, la polvere, le tempeste e i puma che prendono possesso della casa che si fa via via più maestosa e poi negletta. E ci sono soprattutto gli spiriti che l’hanno abitata e che ora infestano il romanzo.

Ma Mason non si limita a intessere un arazzo genealogico. Non ha velleità di comporre una saga immortale. Sceglie infatti di affidare la narrazione talvolta a poemi, note, diari, postille, elenchi e illustrazioni. Sembra volerci addentrare nelle pagine come nelle foreste di cui narra, per farci cogliere piani narrativi differenti e angolazioni insolite. C’è tantissima botanica, in questo romanzo, ma altrettanta poesia. Non solo nelle azioni umane che portano avanti la trama, ma nella secolare e inarrestabile evoluzione di una natura che cambia, si trasforma, rivive e muore. Così il piano narrativo della larva ha la stessa importanza di quello della giovane studiosa che si addentra nel bosco per studiare i fiori selvatici caratteristici di queste terre, salvo scoprirsi solo un’ombra al cospetto di uno spirito vissuto secoli prima.

Nonostante le morti e nonostante l’erosione costante del bosco provocata dall’inarrestabile progresso, «North Woods» è un libro sulla caducità, ma non sulla morte. Celebra anzi piuttosto il cambiamento e le molteplici possibilità che esso comporta per le nostre vita. Un romanzo denso, poetico, a tratti difficile, ma che risuona a lungo, una volta terminata la lettura. Una splendida lettura.

Ilaria Rossi, redattrice Cronaca

«Bebelplatz»

Di Fabio Stassi

La copertina di Bebelplaz
La copertina di Bebelplaz

(Sellerio, pp. 312, 16 euro)

«La pace (…) non deve condurre né all’occupazione di interi Paesi né ad annessioni parziali. No alle annessioni, palesi o mascherate, e no anche all’assoggettamento economico che, a causa della perdita di autonomia politica che esso comporta, diventa ancora più intollerabile». Non suona attuale, questa affermazione? Eppure risale al 1915, è contenuta nel Manifesto di Zimmerwald, redatto durante la Conferenza dei socialisti che si dichiaravano pacifisti (il testo fu steso da Trotzkij) e che ragionavano sulla «guerra giusta».

Ci sono libri apparentemente divaganti che aprono finestre affacciate su altre realtà, e porte che conducono a percorsi da esplorare. «Bebelplatz» di Fabio Stassi (Roma, 1962) è uno di questi, e il Manifesto di Zimmerwald è solo un esempio degli spunti di indagine che compaiono continuamente tra le pagine. Stassi è uno che di libri se ne intende. Bibliotecario e romanziere (il suo protagonista è il biblioterapeuta Vince Corso) in questo libro ci accompagna in una sua personale ricerca a partire dal rogo dei libri che avvenne a Berlino, a Bebelplatz appunto, il 10 maggio 1933. Da dove nacque l’idea di bruciare pagine? E quali pagine? E tra quei libri, quali furono gli italiani condannati?

Per il regime nazista (e non solo) a far paura non è solo chi scrive, ma anche chi legge, e le biblioteche sono più minacciose di depositi di armi. In una peregrinazione tra Germania e Italia, biblioteche e archivi, pagine di letteratura (a partire dalla descrizione della biblioteca di Don Chisciotte fatta da Cervantes), Stassi ricostruisce opere e biografie degli autori di testi ritenuti sovversivi, allargando lo sguardo (aprendo porte e finestre su cui possiamo affacciarci) su temi che a distanza di un secolo restano di stretta attualità. La libertà di stampa e di opinione, la manipolazione della cultura e della realtà, la pace e la guerra.

Volete sapere chi furono gli autori italiani considerati degni del rogo? Pietro Aretino, «il cantore rinascimentale del desiderio maschile» e Maria Volpi, «autrice di successo del desiderio e del piacere femminile». Tra loro «il pacifismo cosmopolita di Giuseppe Antonio Borgese, l’antimperialismo internazionalista di Emilio Salgari, l’antifascismo radicale e archetipico di Ignazio Silone». Perché non è solo la politica a far paura ai dittatori, è anche la fantasia che nutre il desiderio di libertà. Tra corsi e ricorsi della Storia, teniamolo presente.

Giovanna Capretti, vicecaposervizio Cultura

«Giobbe, romanzo di un uomo semplice»

Di Joseph Roth

La copertina di Giobbe, romanzo di un uomo semplice
La copertina di Giobbe, romanzo di un uomo semplice

(Adelphi, pp. 195, 12 euro)

Sgomberiamo il campo dai fronzoli: uno dei tre migliori libri che abbia letto. Forse il più bello, in assoluto.

«Giobbe, romanzo di un uomo semplice» di Joseph Roth (edizioni Adelphi) è una perla di fiume la cui scoperta illumina come raggio di luce le giornate d’inverno. Ogni parola scritta in più, per descriverlo, sarebbe fuori luogo, poiché arduo è descrivere le sensazioni che suscita in ciascuno un libro, ogni singolo libro.

In questo, se dovessi riassumere quanto vi ho trovato io, scriverei: sono tutta poesia quelle pagine di prosa, è tutta verità quel racconto inventato a cavallo tra Ottocento e Novecento sulla vita d’un uomo che ha lo stesso nome e destino del personaggio biblico. E se sono prudente ai limiti della diffidenza nel consigliare la lettura di un libro, su questo metto la mano sul fuoco per almeno due categorie di persone: chi si apre al mondo e ne scopre la meraviglia con l’appetito vorace della gioventù e quanti invece scivolano sul crinale degli anni, avvertendo la linea buia dell’orizzonte notturno, riservandosi ancora la gioia di lasciarsi stupire e confidare che, al di là di tutto, non ci sia il nulla, bensì il fascino di un mistero.

Giorgio Bardaglio, vicedirettore

«La canzone di Achille»

Di Madeline Miller

La copertina di La canzone di Achille
La copertina di La canzone di Achille

(Marsilio, pp.382. 14 euro)

L’Iliade di Omero è il poema epico più famoso della storia della letteratura e nel suo proemio presenta in maniera dirompente l’eroe per antonomasia: Achille il Pelide. Il leggendario condottiero greco è il protagonista assoluto dell’opera di Omero, ma nonostante questo prominente ruolo il suo personaggio è meno approfondito di quanto ci si potrebbe aspettare. Allora ci ha pensato Madeline Miller a colmare questo vuoto narrativo, lasciato in sospeso da oltre 2000 anni, con la pubblicazione de «La canzone di Achille».

La scrittrice americana, ex insegnante di greco e latino, ci ha messo quasi 10 anni a scrivere quello che oggi si potrebbe definire un prequel dell’Iliade o uno spin-off su Achille. Il libro, pubblicato nel 2011 e diventato immediatamente un best seller in tutto il mondo, infatti, racconta grazie alla narrazione di Patroclo la trasformazione del giovane semidio Achille nell’eroe che è stato poi consegnato alla storia. La grande maestria dell’autrice 46enne è stata quella di riallacciare tutti i fili lasciati in sospeso da Omero trovando il modo di mantenere l’epicità della prosa. Chiudendo gli occhi «La canzone di Achille» suona quasi come un’appendice dell’opera originale, una lettura fuori dal tempo che non potrà mai passare di moda.

Jacopo Bianchi, redattore Teletutto

«La via di Emilio»

Di Valerio Di Donato

La copertina di La via di Emilio
La copertina di La via di Emilio

(Ronzani, pp.140, 15 euro)

Una Voce che dialoga con la parte nota e meno nota del tuo io. Che t’interroga, non fa sconti ma neppure induce sensi di colpa. Una Voce che è coprotagonista del romanzo di Valerio Di Donato «La via di Emilio», ispirato alla vita di Giacomo Scotti, che nel testo diventa Emilio Sergi.

Emilio-Giacomo raggiunge la Jugoslavia da Napoli nel febbraio 1947, proprio quando gli esuli italiani vengono cacciati dall’Istria. Ha 16 anni e sfugge alla miseria cercando riscatto e felicità nella società comunista promessa da Tito. Nei primi anni lavora nel giornale in lingua italiana «La Voce del popolo», ma quando comincia a scrivere articoli scomodi il regime lo fa licenziare, costringendolo a lavorare come facchino nel porto di Fiume, città nella quale nel frattempo si è stabilito e in cui tuttora, a 96 anni, vive.

Emilio si rende conto presto che il paradiso promesso è un’illusione e, in quanto italiano e irregolare, viene perseguitato, finendo in carcere. Riesce comunque a pubblicare libri di poesia e svela i crimini commessi dal regime a Goli Otok, isola-lager in cui sono rinchiusi i comunisti infedeli a Tito.

Ad Emilio non va meglio dopo che, negli anni ’90, la Jugoslavia si sfalda: gli scherani del nuovo regime nazionalista croato lo minacciano di morte, ma egli è cronista fino in fondo e cerca l’oggettività: pure sul delicato tema delle foibe viene attaccato (dalla destra italiana), poiché, non negando certo gli orrori patiti dai nostri connazionali, evidenzia anche i precedenti crimini commessi dal nazifascismo ai danni delle genti slave. Sempre guidato da una Voce: quella della propria libertà.

Roberto Bernardo, caposervizio

«Nord Nord»

Di Marco Belpoliti

La copertina di Nord Nord
La copertina di Nord Nord

(Einaudi, pp. 288 pagine, 19 euro)

Un libro che apre porte e suscita desideri. «Nord Nord» di Marco Belpoliti conduce in molti luoghi e, attraverso i luoghi, racconta molti incontri, molte vite; e, attraverso le vite degli altri – artisti, fotografi, scrittori –, racconta (ma non troppo) quella dell’autore, tanto che c’è chi ha parlato di «eterobiografia» (e prima ancora, a proposito dell’analogo Pianura del 2021, di «autopografia»)

I luoghi principali intorno ai quali si articola la narrazione di Nord Nord sono quattro – la Brianza, Milano, Monza e Bergamo – e fungono da moltiplicatori di ricordi e ritratti. L’elenco dei personaggi incontrati da Belpoliti è lungo e affascinante e comprende, tra gli altri, Mario Dondero e Gabriele Basilico, Vincenzo Consolo e Ferdinando Scianna, Lea Vergine ed Enzo Mari. Ancora: Alberto Arbasino, Nanni Valentini, Alberto Castoldi… E se l’autore parla di «incontri fortuiti», al lettore vien da pensare che si tratti in realtà di tappe di un percorso biografico ricercato con passione e coerenza. Come non è casuale il soffermarsi di sguardo e penna su pietre, fiumi, case, animali (tra cui pipistrelli e lombrichi) e «cose» di solito considerate marginali come i marciapiedi e la «flora ferroviaria».

Del resto Belpoliti lo dichiara: «Da quando ho cominciato a frequentare Mari ho iniziato a guardare in modo diverso il mondo delle cose». E allora una descrizione non è solo una descrizione, ma l’apertura di una porta su un pezzo di mondo. Così, per arrivare al tema centrale del testo, l’osservazione di una bussola suggerisce la «continua necessità di riorientarsi, o meglio d’aggiustare via via il proprio orientamento» 

Da qui anche il raddoppiamento della parola Nord nel titolo di un libro in cui si dichiara che «il Nord è solo un’idea», di fatto «non esiste». Il che non significa che non si possa provare a comprenderlo, magari ricorrendo al suo contrario come Belpoliti fa nelle bellissime pagine dedicate al Sud, o meglio a quel «Meridione del Meridione» che è la Sicilia. E qui, in questi sconfinamenti geografici ma non solo, nascono i desideri: andare a rileggere La corda pazza di Sciascia, per esempio; oppure, concluso il capitolo su Umberto Fiori, cercare Stalingrado degli Stormy Six su Spotify.

Francesca Sandrini, vicecaposervizio Cronaca

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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