Dal martirio ai cioccolatini: la storia di San Valentino
«È San Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina». Shakespeare nell’Amleto fa cantare questi versi ad Ofelia, e il fatto che abbia scelto il momento in cui la ragazza era ormai impazzita, ci fa pensare che lo scrittore inglese non simpatizzasse per il giorno degli innamorati.
Oggi, San Valentino, è quasi d’obbligo amare: ogni cosa attorno a noi ci impedisce di essere scortesi e poco romantici con il nostro Valentino o la nostra Valentina. Celebriamo l’amore come evento commerciale, ricevendo e facendo doni, per le donne molto spesso gioielli, a volte nemmeno accompagnati da bigliettini romantici, come se già il gioielliere sapesse dire «Ti amo».
Ma l’evoluzione della festa di San Valentino come la conosciamo oggi è incerta. Nata in sostituzione alla celebrazione romana della fertilità, festeggiata il 15 febbraio, che però prevedeva riti sfrenati in contrasto con la morale cristiana.
Nel 496 d.C., Papa Gelasio I decise di spostare la festa dedicata all’amore un giorno prima, il 14 febbraio, perché data commemorativa del martirio di San Valentino.
Valentino da Terni fu giustiziato per aver celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia e il legionario romano pagano Sabino e i due sposi morirono insieme mentre Valentino li benediceva.
Diversi i miracoli attribuiti al vescovo di Terni, primo vescovo della città e patrono cittadino. Lui è il San Valentino che protegge gli innamorati e li guida verso il matrimonio.
Poi Geoffrey Chaucer nei Racconti di Canterbury associa Cupido a San Valentino. Ed è da lì che il santo, passando dalla poesia, gli auguri e i biglietti, si è arrivati ai cioccolatini e ai regali.
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