Cultura

«Così siamo entrati con la telecamera in casa di Franco Piavoli»

Giacomo Andrico parla del film sul cineasta di fama internazionale: al lavoro il team di Willyco
Piavoli ripreso da Andrico col team di Willyco Film -  © www.giornaledibrescia.it
Piavoli ripreso da Andrico col team di Willyco Film - © www.giornaledibrescia.it
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«La poesia cinematografica delle tonalità naturali e umane di Franco Piavoli, indica un orizzonte sospeso verso il quale perdere lo sguardo dell’anima e oltre il quale avvertire il soffio dell’universo». Queste le parole con cui l’associazione culturale Willyco Film svela un nuovo progetto: la realizzazione di un documentario dedicato al maestro di Pozzolengo, che ha accolto i componenti del collettivo artistico - guidato dal regista e scenografo Giacomo Andrico - nell’intimo della sua casa e alla scoperta degli spazi aperti del territorio circostante, che tanto ha saputo cantare nelle sue opere.

Dall’incontro sta prendendo forma un film, che promette di delineare un ritratto nitido e al contempo lirico del cineasta bresciano riconosciuto da quarant’anni come artista di culto anche a livello internazionale, indagando quella magìa umana, fatta di relazioni, che ne innesca la scintilla creativa. È un Piavoli confidenziale, che torna sui set naturali del suo cinema, quello che compare nel trailer - visibile sul canale YouTube di Willyco -, dove appare eternizzato nel bianco e nero degli scatti di scena di Adriano Treccani, mentre le note delle musiche di Claudio Smussi si rincorrono, alimentando le aspettative sul film, ora in fase di pre-montaggio.

Andrico, che taglio narrativo avrà il documentario? Ci piace condurre lunghe interviste, ascoltare. Piavoli ci ha aperto le porte del suo mondo con generosità e questa "piccola invasione" del suo quotidiano si è trasformata nell’occasione per ragionare su uno dei nostri interessi principali: l’idea di far emergere un sistema artistico, evidenziando l’importanza del lavoro di squadra nello sviluppo dell’espressione creativa. Uno spirito che ci accomuna e che sento vivo quando lavoro con il team di Willyco: Emanuele Fanelli, Luca Rubagotti, Luca Pezzoli, Daniele Squassina, Chiara Zani, Gianluca Alberti e Piero Domenicaccio.

Come prende forma questo concetto di gruppo di lavoro, nei racconti del maestro? Piavoli ha sempre coinvolto amici e affetti nella realizzazione dei suoi film: a partire dall’adorata moglie Neria, che fu prima collaboratrice, in grande sintonia. E, pur con discrezione, anche il figlio Mario da molti anni è un appoggio prezioso. Inoltre c’è il rapporto con Silvano Agosti - che intervisteremo presto, come anche l’attrice Paola Agosti - che portò nella casa di Pozzolengo le attrezzature necessarie per «Il pianeta azzurro», primo indimenticabile lungometraggio del 1982.

Avete già definito una struttura precisa per il film? Lo immaginavamo a 35 minuti, ma facilmente arriveremo quasi all’ora di durata. Al montaggio non mi prefiggo una linea: prima lascio alle testimonianze raccolte il tempo di sedimentare, poi parto da un nucleo concettuale e intorno a quello si va ad aggregare il racconto. Piavoli ci ha messo a disposizione tutta la sua filmografia, da utilizzare in contrappunto alle interviste. Avremo il massimo rispetto per le sequenze originali.

Qual è l’intuizione più esaltante sopraggiunta finora? Notare un’assonanza tra le atmosfere catturate da Piavoli in «Voci nel tempo» (1996) e un aspetto del film «Il mestiere delle armi» (2001) di Ermanno Olmi: è una suggestione legata ai suoni evocativi dell’infanzia, al mondo vero che, fuori, continua a vivere, durante l’agonia del protagonista di quest’ultimo, Giovanni dalle Bande Nere.

Ci sono state riprese che vi hanno regalato emozioni particolari? Filmare Piavoli seduto al banco di montaggio, quella stessa moviola sulla quale ha lavorato ai tagli di pellicola dei suoi film, prima dell’era digitale. E poi, una volta, ho aspettato l’alba vicino al laghetto dove girò «Il pianeta azzurro».

Nel frattempo, sta lavorando a nuovi progetti? Sto conducendo uno studio per un testo teatrale su Giordano Bruno (con l’attore Alessandro Salvatori, che lo interpreterà) e Tommaso Campanella (nel ruolo Danny Bignotti), volto a diventare anche un corto o mediometraggio. Immaginiamo un dialogo tra i due, incontrandosi nella stessa cella. Sul fronte teatrale, sto preparando 4 repliche al Castello di Padernello dello spettacolo «Il sole nero», su Caravaggio, e sono pronto a riproporre «Brancaglione da Norcia», ispirato al film «L’armata Brancaleone» di Mario Monicelli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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