Cultura

Concertone e censure: una storia che si ripete

Non solo Fedez: da Elio e le Storie Tese a Piero Pelù da Daniele Silvestri ad Andrea Rivera tra politica, parolacce e religione
Una passata edizione del Concertone del Primo maggio - © www.giornaledibrescia.it
Una passata edizione del Concertone del Primo maggio - © www.giornaledibrescia.it
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«Il caso Fedez» è solo l'ultimo, clamoroso, capitolo di una lunga storia di vicende polemiche che accompagnano il Concerto del Primo Maggio fin dalle sue prime edizioni. C'è un motivo preciso per spiegarne le ragioni: il Concertone è per sua natura un evento popolare legato a contenuti che gli artisti vivono come un'occasione per prendere posizione. Ma, essendo trasmesso in diretta dalla Rai, bisogna tenere insieme le esigenze degli artisti, della politica, dei Sindacati, del Vaticano e di una piazza sterminata che ha sempre vissuto l'evento come un'occasione di festa ma anche di libertà. Pensando ai governi che si sono succeduti alla guida del Paese dagli anni '90 a oggi, è facile capire come possa scattare il corto circuito. I primi reprobi ufficiali sono Elio e le Storie Tese: era il 1991, seconda edizione. Durante «Sabbiature», parlarono di una vicenda giudiziaria che aveva riguardato Giulio Andreotti: la regia allora staccò su una più rassicurante intervista di Vincenzo Mollica a Ricky Gianco nel backstage. La band milanese entrò subito nella lista dei sorvegliati speciali del primo maggio.

Nel 1993 scoppia il caso Pelù che dopo questo episodio fu tenuto lontano da piazza San Giovanni per qualche anno. I Litfiba erano all'apice del successo: nel backstage, durante un'intervista con Mollica, il frontman mise un preservativo sul microfono, provocando la reazione imbarazzata e irritata del giornalista. Poi sul palco criticò Papa Wojtyla per le sue posizioni su aborto e contraccezione. Nel 2003 è Daniele Silvestri a finire nel mirino: indossando una maglietta con il ritratto dell'allora premier Silvio Berlusconi, prima del brano «Il mio nemico» attaccò il governo per le sue posizioni nei confronti della magistratura.

Si arriva al 2007 per uno dei casi più «rumorosi»: Andrea Rivera, che conduceva il Concertone, parla contro il Vaticano per la mancata concessione dei funerali a Piergiorgio Welby. «L'Osservatore romano» scrive di «vili attacchi e di un atto di terrorismo». Si dissociano tutti, primi tra tutti la Rai e i Sindacati. L'unico a rimanere fermo sulla sua posizione è Rivera la cui carriera di sicuro non ha beneficiato di questo incidente.

Nel 2013 è di nuovo un preservativo al centro della scena: Luca Romagnoli, cantante della band Management del Dolore Post Opeartorio, oggi soltanto Management, mima l'elevazione dell'ostia usando un profilattico: la regia stacca l'inquadratura e Romagnoli perde il controllo, esibisce i suoi genitali e viene giustamente portato fuori dal palco. Al loro debutto al Primo Maggio, gli Stato Sociale si sono dovuti misurare con le regole della Fascia Protetta, dunque niente parolacce. Questa la spiegazione per evitare il loro brano «Mi sono rotto il caz ...». La band rinunciò ma fece un discorso durissimo contro la censura. Tra l'altro Lodo Guenzi con questo titolo è tornato a dare fastidio, qualche anno dopo, nel 2019, da conduttore quando accosta il titolo galeotto a una serie di personaggi di spicco della società e della politica italiana con cognomi multipli tra cui la presidente del Senato Alberti Casellati. Della storia dei «casi del concertone» fa ormai parte anche la liberatoria del 2011: il primo maggio cadeva in periodo pre elettorale e dunque, per le reti tv, in regime di par condicio. La liberatoria è il documento che chi appare in tv firma per concedere alla rete il diritto di utilizzare la sua apparizione: ma in quella versione gli artisti si impegnavano a evitare ogni riferimento politico. Firmarono tutti ma poi qualcuno, come fece il compianto Erriquez, ieri ricordato da Daniele Silvestri, Max Gazzé e Piero Pelù, parlò di censura in aperta polemica con l'allora produttore dell'evento.

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