Con «30 per 100» Dix e Bahrami aprono il sipario del Borsoni
Le trenta «Variazioni Goldberg» di Johann Sebastian Bach in dialogo con le surreali microstorie della «Centuria» di Giorgio Manganelli aprono le porte del nuovo Teatro Renato Borsoni.
All’insegna dell’incontro fruttuoso tra mondi diversi, saranno il grande pianista di origini iraniane Ramin Bahrami e l’attore milanese Gioele Dix a scandire i passi di un brioso incrocio di storie e di note nella serata di sabato 21 settembre alle 20.30 (con replica nel pomeriggio di domenica 22, alle 15.30) in avvio alla Stagione inaugurale del Teatro di via Milano, a cura del Ctb con la direzione di Paolo Bignamini.
In mattinata, alle 11.30 il taglio del nastro del nuovo spazio destinato alla performance.
I biglietti dello spettacolo «30 per 100» (a 15 euro l’intero e a 10 il ridotto per under 25 e over 65) sono in vendita per la sola recita di domenica 22, con destinazione del ricavato al Banco dell’energia di A2A, per il supporto a persone in difficoltà. Informazioni sul sito www.centroteatralebresciano.it o ai numeri 030-2928609 e 030-2808600.
Abbiamo intervistato l’attore che affiancherà sul palco il celebre pianista.
Gioele Dix, quale messaggio trasmette questa particolare scelta?
Credo, senza retorica, che sia una gran bella notizia l’apertura di un nuovo teatro: mi sento particolarmente onorato per questo incarico del Ctb, con cui sono da alcuni anni in un rapporto di amicizia e di produzione d’idee. Questo spettacolo di nicchia, che raramente è stato proposto, prova a mettere in corto circuito l’opera di due grandi geni. Bach, figura planetaria, ha composto trenta variazioni su un’aria e Manganelli, un autore probabilmente non riconosciuto come meritava, si è preso il lusso di creare cento storie sull’umanità, sulle sue follie e contraddizioni, con la sfida di concentrarle in una pagina e mezza. A Bahrami, che è un esecutore fra i più prestigiosi, piace mischiare i linguaggi, con ironia. Questo spettacolo singolare, che con i nostri interventi diventa una sorta di lezione letteraria e musicale, apre la strada a un teatro nuovo, che in quanto tale ha la vocazione ad essere originale.
Come è avvenuto l’incontro con Bahrami?
Viene dall’Iran, abita in Germania, ma ha vissuto in Italia. Ci siamo incontrati a un concerto e subito è nata l’idea di far qualcosa insieme. Gli ho dato il libro e mi ha richiamato entusiasta: lui è un ultras di Bach, io sono appassionato alla scrittura di Manganelli, è stato un incrocio di sensibilità. A me piace il suo modo di suonare, a lui il mio modo di stare in scena. Dice che Bach sarebbe contento del nostro modo di proporlo, con le sue interruzioni, ma con grande rispetto per il materiale che maneggiamo: lo spettacolo prende un tono un po’ didattico, ma in maniera ironica.
Com’è andata la collaborazione con Bahrami?
Bahrami è molto gioioso e questo suo carattere si trasmette nel modo di raccontare. Ha dato il titolo ad ognuna delle trenta «Variazioni», ai racconti ho dato io i titoli: abbiamo deciso di entrarci con quell’ironia che si usa soprattutto nei confronti delle cose che si amano, con molto rispetto.
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