Codex dell'altro mondo: 40 anni di mistero Seraphinianus

«Ma questo è matto!». Quando Luigi Serafini entrò nello studio di Franco Maria Ricci con le prime tavole, una trentina, di quell’opera che stava disegnando e scrivendo, ancora senza nome, all’incauto collaboratore stretto di FMR venne naturale esprimere il proprio stupore incasellandone l’autore nella categoria umana dei folli. Mutazioni tra uomini e animali, tra piante e macchine, mondi sconosciuti, un alfabeto inesistente: che roba è? «Questo è matto!», appunto.

Ma Serafini è ed era lucido, mentalmente sano da poter esibire un certificato medico ufficiale per conferma, niente droghe, «al massimo del Valpolicella», dice, e quarant’anni fa stava seguendo quella strana forma di vita chiamata ispirazione per concludere ciò che sarebbe diventato il Codex Seraphinianus, tra le esperienze editoriali più importanti della storia d’Italia, uscito presto - e per fortuna, e ancora oggi - dai confini patrii per diventare patrimonio mondiale. Tanto che in anni recenti è andato a ruba in Cina e i cinesi se lo sono pure copiato pubblicando un fac simile seraphinianus.

Partiamo dai dati conosciuti del «libro più strano del mondo», secondo la definizione popolare: 1976 l’inizio della lavorazione, la creazione di un universo (uno solo?) parallelo; 1981 la pubblicazione del libro in due volumi per l’editore Franco Maria Ricci, che, al contrario del suo collaboratore, trovava perfettamente naturale la realtà che gli era stata parata davanti agli occhi. «Mi sembrava ovvio che ci fosse quel mondo lì - racconta oggi -. Mi sembrava che anche quell’alfabeto fosse leggibilissimo».

Nota: Ricci e Serafini hanno parlato nei giorni scorsi del Codex al termine della mostra delle tavole che lo compongono allestita dentro il Labirinto della Masone, il mausoleo (da vedere) che Ricci s’è costruito a Fontanellato con tanto di museo.

«Credo di aver lavorato sotto l’influenza degli alieni - butta lì Serafini -. All’inizio di "Incontri ravvicinati del terzo tipo" si vedono persone disegnare una montagna senza sapere che cosa sia, e poi si scopre che sarà il luogo in cui atterreranno gli extraterrestri. Io non so perché ho iniziato quelle tavole». Gli alieni, dunque, o forse semplicemente un gatto. «Ce n’era uno che girava per casa - prosegue - e quando disegnavo veniva a dormire sulle mie gambe. Forse era il medium di un’altra civiltà proveniente da un’altra galassia».

Nel libro di Serafini c’è tutto quello che serve per capire la nascita e l’evoluzione di un mondo, delle sue forme di vita, di come è abitato, lavorato, sognato. È un miraggio, è politica, è religione, è architettura, è botanica. «Scienza o arte?», ci si chiede. «Scienza e arte», dice l’autore. Ecco. Tutto. Tutto reso con un tratto cristallino in oltre mille illustrazioni precisissime nel loro essere surreali. «Andiamo al cinema stasera? mi chiese una volta un amico. Non posso, sto scrivendo un’enciclopedia, gli risposi». Con quella risposta Serafini capì che non stava assemblando una semplice serie di tavole, ma che era in gestazione un’opera che poteva non avere mai fine. «A un certo punto Franco Maria Ricci mi disse "basta!, hai fatto troppi disegni". Per fortuna...».

Per un’enciclopedia non bastano i disegni, servono le parole. Serafini ama le linee curve, è affascinato dagli etruschi, inventa un corsivo che adesso gli ricorda il coreano, il farsi, l’ebraico, ma che allora gli serviva per liberare il lettore dal linguaggio conosciuto. «Volevo uscire dalla gabbia dell’alfabeto e cercare la scrittura che si nasconde dietro ogni scrittura». Nasce così «l’ombra di una scrittura vera», in cui c’è una logica, «ma a me sfugge», ed è una logica formale. Perfettamente coerente, osservare per credere.

Davanti al Codex siamo tutti bambini: leggiamo il libro senza conoscere l’alfabeto. Forse un giorno salterà fuori anche per il codex una Stele di Rosetta con cui tradurlo. «Forse, un giorno» dice Serafini, e il libro stesso lo prefigura in una delle sue pagine. Speriamo di no, teniamoci stretto questo mistero che dura da quarant’anni. Teniamoci stretti gli alieni e il gatto e il Valpolicella.

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