Cinema

Venezia premia il coraggio di Almodóvar: «Ho raccontato una storia di amicizia»

Enrico Danesi
Ne «La stanza accanto» il tema dell’eutanasia. Gran Premio della Giuria all’italiana Maura Delpero con il film girato nei pressi del Tonale
Il leone d'oro ad Almodovar - Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il leone d'oro ad Almodovar - Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Il Leone d’Oro lo vince Almodóvar, col film più bello. Ma c’è grande soddisfazione anche per l’Italia, con l’ottimo «Vermiglio» di Maura Delpero, girato nei pressi del Tonale, che si aggiudica a sorpresa il Leone d’Argento-Gran Premio della Giuria.

Non può invece gioire Nicole Kidman, che nel giorno in cui ottiene uno dei massimi riconoscimenti in carriera, la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile (in «Babygirl»), deve fare i conti con la morte della madre.

La giuria presieduta dalla divina francese Isabelle Huppert (in cui c’erano almeno quattro registi di gran valore: Giuseppe Tornatore, James Gray, Abderrahmane Sissako, Agneszka Holland) ha distribuito premi con equilibrio e buonsenso, a partire dal più importante, assegnato a un autore come Almodóvar, che ne aveva già ottenuto uno (ma alla carriera) nel 2019, mentre è il primo in assoluto in Laguna per un film di produzione spagnola.

Il film vincitore

«La stanza accanto» (in Italia lo vedremo dal 5 dicembre) ruota intorno a due attrici straordinarie come Julianne Moore e Tilda Swinton, ed è una storia in cui i temi dell’eutanasia, dell’amicizia e dell’amore per la vita sono miscelati con tratto mirabile e delicato, pur non rinunciando a passaggi irriverenti (non sarebbe Almodóvar, altrimenti), ma in cui la misura e la padronanza del mezzo cinematografico dimostrano perché il manchego sia considerato uno dei maggiori cineasti contemporanei.

Sacrosanti i premi al visionario «The Brutalist» di Brady Corbet (Leone d’Argento per la Miglior Regia) e ad «Ainda estou aqui» di Walter Salles (Miglior Sceneggiatura), un lavoro coraggioso, che trasuda coscienza civile. C’è ancora un pizzico d’Italia (a livello produttivo) anche nel film che ha incassato il Premio Speciale della Giuria, «April», della georgiana Dea Kulumbegashvili.

Soddisfatti e delusi

Vincent Lindon, strepitoso in «Jouer avec le feu» nei panni (dolenti) di un genitore che si sente tradito dall’adesione del figlio a un movimento estremista, ha vinto la Coppa Volpi maschile. Anche il Mastroianni, per l’attore emergente, finisce Oltralpe: Paul Kircher l’ha meritato, recitando alla grande (con un mix ipnotico di rabbia, vitalità e noia) in «Leurs enfants après eux», che ai recensori è piaciuto poco, ma che possiede un respiro modernamente avventuroso. Le delusioni più cocenti per Todd Phillips e il suo «Joker» e soprattutto per Luca Guadagnino e il suo «Queer», che alla vigilia dei verdetti era dato come sicuro per un premio.

Tra gli altri riconoscimenti, il Leone del Futuro - che premia la miglior opera prima, scelta in tutte le sezioni competitive del Festival - è stato assegnato al film americano «Familiar Touch» di Sarah Friedland, pregevole storia di formazione ambientata in un ricovero per anziani, che concorreva in Orizzonti, e che ha incamerato due ulteriori premi della categoria in cui, da sempre, arrivano i film più freschi.

Almodóvar, in conferenza stampa, ha commentato il riconoscimento in maniera scherzosa: «Era negli anni 80 che avrei avuto bisogno di premi...mi avrebbero cambiato la vita. Non è che sognavo ossessivamente il Leone d’Oro, ma adesso che ce l’ho ne sono dipendente: a partire da ora non potrei vivere senza». 

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