La rapina in centro come in un film di cinquant’anni fa girato a Brescia
«Una scena da film». L’hanno di certo pensato in molti l’altra sera, quando la sequenza da brivido della rapina alla gioielleria e della fuga sotto i portici di via X Giornate, nel pieno del centro di Brescia, ha fatto rapidamente il giro di cellulare in cellulare con il tam tam che i video di telecamere di sicurezza e di passanti che hanno avuto la freddezza di riprendere le fasi concitate del colpo hanno portato con sé. Purtroppo quanto accaduto è tutto drammaticamente vero.
Eppure è vero anche che un film, cinquant’anni fa, propose una sequenza per molti aspetti simile a quella immortalata venerdì sera. Proprio i portici di via X Giornate, infatti, fecero da set – assieme a piazze, vie e vicoli del centro storico – ad uno dei film che a quel tempo andavano sotto l’etichetta di poliziotteschi. Si tratta di «La Polizia chiede aiuto», opera del regista Massimo Dallamano, uno degli specialisti del genere, pressoché tutto girato a Brescia e in provincia.
Storia torbida, con la morte di una studentessa a squarciare il velo dietro il quale si celava un giro a luci rosse, ha una delle scene d’azione che più ritmo imprimono alla pellicola in un inseguimento di circa sei minuti: un numero imprecisato di volanti della Questura (le inconfondibili Alfa Romeo Giulia color verde acido) tallonano un motociclista su una Ducati Scrambler dal serbatoio color oro. Casco integrale in testa – proprio come i rapinatori di via X Giornate dell’altra sera – il misterioso malvivente si infila sotto i portici, che percorre grossomodo dall’incrocio con via IV Novembre sino a piazza Loggia, con innesti nel montaggio di via Musei, via Trieste, piazza Vittoria che lasciano disorientato lo spettatore bresciano.
All’epoca – il film uscì nel 1974 – i monopattini elettrici erano di là da venire. E la motocicletta era quanto di più simile potesse essere impiegato per un inseguimento da film noir nel contesto dei portici. Le riprese – visibili online – restituiscono inquadrature molto puntuali di quella porzione del centro storico e rinnovano nel ricordo il volto di una città al contempo profondamente mutato ma perfettamente riconoscibile.
E se lo stesso può dirsi per altre strade e zone del Bresciano finite nella pellicola – dalla Gardesana a Rezzato alle cave di Virle, sino alla vecchia 510 a Marone (con tanto di fuga in una delle gallerie ferroviarie della Brescia-Iseo-Edolo), fu proprio l’evidenza con cui si mostrava piazza Loggia a decretare la sorte sfortunata della pellicola. Uscita nel 1974, precedette di poche settimane nelle sale la strage del 28 maggio. Proprio la sequenza evocata dalla fuga seguita alla brutale rapina dell’altra sera culmina con un’inquadratura che immortala il punto in cui scoppiò la bomba accanto alla fontana (non è escluso che il cestino ripreso sotto l’arcata precedente sia identico a quello che accolse l’ordigno fatale). Troppo da mostrare al pubblico italiano sconvolto dalla furia omicida. Ragione per la quale il film fu ritirato dal circuito nazionale, riuscendo tuttavia a riscuotere un notevole successo oltre confine, soprattutto in Germania.
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