Elio Germano al Cinema Moretto: «Così raccontiamo Berlinguer»
Elio Germano, fresco di premio «Vittorio Gassman» per il migliore attore al Festival del Cinema di Roma, ha incontrato spettatrici e spettatori del Cinema Moretto di Brescia, spostandosi poi alla Multisala Oz per fare lo stesso con il pubblico riunito lì.
Il film
L’occasione erano le proiezioni di «Berlinguer, la grande ambizione», biopic del 2024 diretto da Andrea Segre. Dopo quella delle 17 al Moretto è arrivato in sordina in piazzetta Sant’Alessandro. Con lui c’era anche il regista Segre. Sotto al grande schermo, davanti alla platea illuminata dalle abat-jour, hanno parlato della genesi del film, della raccolta della documentazione e soprattutto della responsabilità di interpretare un personaggio che non era mai stato affrontato dal cinema di finzione.
«Il progetto – ha detto Segre – è nato proprio perché ci siamo resi conto che la storia di Enrico Berlinguer e del popolo del Partito Comunista Italiano (non necessariamente degli iscritti) non era mai stata raccontata dal cinema: un vuoto storico e artistico. Durante la ricerca dei materiali abbiamo avuto la sensazione che ciò che stavamo provando a raccontare producesse un ponte di dialettica intragenerazionale».
La responsabilità dell’attore
«Avrei voluto fare tutto meno che questo – ha sorriso Germano quando gli è stato chiesto cosa l’abbia portato ad accettare questo ruolo –. Il senso di responsabilità era troppo grande: cercavo di fare desistere Andrea. Più studiavamo, più scoprivamo le bellissime immagini, e più mi spaventavano. Alla fine ho approfittato dell’occasione per immergermi nella storia del Paese e delle tante famiglie che ci hanno donato il loro racconto. Le masse che spingevano per fare ascoltare le loro istanze sono la Storia con la esse maiuscola. La messa in scena vuole restituire questi racconti dandogli profondità».
Niente personalismo
Il film, ha spiegato l’attore, usa la figura di Enrico Berlinguer per guardare dalle sue spalle le tante famiglie e persone che incarnano quel periodo storico, «ma anche la politica e quello che dovrebbero essere le persone che guidano il Paese. Lui stava più comodo sotto al palco, quando incontrava e ascoltava operai e popolazione. Non parlava. Non era il personaggio adatto a fare il segretario di partito. Non gli interessava farsi dire “bravo”. Il personalismo a cui siamo abituati oggi – si discute se una persona piace o non piace e non delle questioni – non lo riguardava. Lui faceva. La retorica non faceva per lui: conquistò le persone con la sostanza».
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