«Sulle tracce di Eleonora Duse per parlare del teatro di oggi»

Sulle tracce della più grande attrice, Sonia Bergamasco ha raccolto materiali e testimonianze, confluiti nel racconto filmico «Duse, The greatest». Il documentario su Eleonora Duse sarà proposto al cinema Nuovo Eden di via Bixio domenica 9 febbraio alle 21 e lunedì 10 alle 18.30. Per la proiezione di domenica è annunciata la presenza in sala dell’autrice e regista, in dialogo con la scrittrice Nadia Busato.
Prodotto da Propaganda Italia, Quoiat Films e Luce Cinecittà con la collaborazione di Rai Cinema, il film documentario sull’attrice vissuta tra il 1858 e il 1924 comprende in 98 minuti testimonianze, letture e contributi di attrici, attori e studiosi di generazioni diverse. In attesa dell’incontro a Brescia, abbiamo intervistato Sonia Bergamasco che, tra i numerosi premi, annovera proprio quello dedicato ad Eleonora Duse.

Come è nato il progetto?
«Ho avuto una fascinazione fin dal tempo in cui frequentavo la Scuola di teatro a Milano, incontrando il suo sguardo in un ritratto, ogni giorno salendo e scendendo le scale. Cercando notizie e leggendo testimonianze mi sono agganciata alla sua storia di vita e di arte scoprendo qualcosa che mi nutriva, che mi stimolava a dare sempre meglio e di più. Ho iniziato a tradurre in un racconto questa messe di documenti: il primo pensiero è stato di trovare una forma per il teatro, poi ho capito che avrei meglio potuto farlo in un film, paradossalmente. Lei ha conosciuto il cinema e da un film muto ci viene l’unica sua testimonianza in movimento».
Come possiamo avvicinarci alla sua arte?
«Una grande assenza è il nucleo da cui parte il racconto: dovevo farla immaginare attraverso un’indagine sulle sue tracce, disseminate in un materiale estremamente vario, tra archivi del passato remoto e recente, testimonianze di chi ha avuto l’occasione di vederla e di studiosi del presente ispirati dalla sua arte. Ho scoperto in questa rete internazionale che generazioni diverse sono state toccate dalla sua opera, indotte a un cambiamento nella fisicità e ad un modo nuovo d’impegnarsi. Con Mariapaola Pierini mi sono ripromessa di farla immaginare attraverso interviste, fotografie, lettere, perfino con un’indagine sulla sua grafia. Di parlare attraverso la Duse del mestiere dell’attore oggi elaborando questo materiale con una formula nuova. Abbiamo dovuto scegliere qualcosa, tra tutto quello che era stato raccolto, conservandone la complessità, non per costruire un racconto biografico, ma per cercare una vicinanza, con il desiderio di parlare a tutti».
Come può la sua figura essere ancora così influente?
«Lo è, è provato e oggi non meno lo stiamo vivendo. Se il giovane Lee Strasberg ha visto in lei l’icona per una nuova scuola, se Chaplin osservando un’immersione nel personaggio così nuova l’ha definita la più grande artista, generazioni successive ne sono state nutrite ed è ancora viva. Come tutti gli artisti puri la Duse era sempre in cerca e ha saputo cogliere lo spirito del tempo, intercettando prima dei suoi contemporanei umori e nevrosi del Novecento, secolo di grandi sconvolgimenti ed enormi evoluzioni. Ci insegna un movimento costante, nel desiderio sempre rinnovato di ricerca e perfezione. Grande artista, ha segnato un’epoca ed è riconoscibile nel presente attraverso quel che ha lasciato. Non voleva chiacchiere, era allergica alle celebrazioni, da antidiva voleva soprattutto essere colta nel suo lavoro d’artista».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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