Caroli: «Arte, esperienza totalizzante che coinvolge»
Uno zio mentore guida la giovane nipote alla scoperta delle avanguardie artistiche tra XIX e XX secolo, in un passaggio di conoscenze che amplia il bagaglio culturale dell’aspirante storica dell’arte. È l’impianto letterario di «Elogio della modernità. Da Turner a Picasso» di Flavio Caroli (Utet, 208 pagine, 30 euro), volume che l’autore presenterà a Brescia il 24 maggio alle 21 all’auditorium San Barnaba nell’ambito del Festival del Cammino.
Nel libro quale l’esperto indaga vite e opere di quegli artisti che cambiarono in modo radicale la concezione dell’arte. Con un linguaggio affabile e preciso, Caroli fornisce nozioni che ci fanno scoprire il significato di Avanguardia, ci avvicinano al tormentato mondo di Géricault e dei suoi monomaniaci dipinti, a Vincent Van Gogh che fu uno dei padri fondatori del Simbolismo o alle diverse manifestazioni dell’Espressionismo. Tanti momenti artistici che puntano a dare un’idea più nitida di quel concetto spesso sfuggente nel suo senso profondo: la modernità.
Perché «Elogio della modernità» si occupa delle avanguardie? Fin da giovane ho avuto modo di conoscere la loro storia e di vivere l’arrivo delle Neoavanguardie. Il primo ad usare il termine avanguardia, anche se per l’ambito militare fu Baudelarire nel 1864 nei «Diari intimi», per indicare un gruppo in esplorazione, solo poi sarà applicato all’arte. Raccontare le avanguardie e la modernità nell’arte è affrontare una parola ambigua alla quale dare un senso partendo dal presente per andare nel passato, indagarlo e comprenderlo.
Perché il Romanticismo è considerato la prima avanguardia? Il Romanticismo è considerato la prima avanguardia nata ad inizio del 1800, perché fu con essa che l’artista era uno sradicato che non esprimeva più il sentire di un’epoca, come aveva fatto fino al Neoclassicismo. Con il Romanticismo, l’artista era solo e con la sua visione andava contro la società. Molti intellettuali romantici furono degli incompresi, perché erano artisti che con il loro fare arte andavano oltre il sentire comune, oltre la tradizione e per questo non erano capiti.
Alcune curiosità sulle avanguardie che ha analizzato? Ci sono vari aspetti curiosi nel libro. Per esempio in passato nel mondo dell’arte il Romanticismo era sottovalutato, solo poi ci si accorso del suo valore. Per quanto riguarda il Realismo, ho avuto la possibilità di analizzare e dare una nuova interpretazione a «L’atelier dell’artista» di Gustave Courbet, un dipinto carico di significati collegati alla massoneria. Per il Futurismo mi sono concentrato sull’Intonarumori, un insieme di strumenti messi assieme per dare vita alla musica futurista.
L’avanguardia del dubbio cosa rappresentò per l’arte degli anni Venti e Trenta del ’900? Ci fu un momento in cui gli artisti si interrogarono sui principi delle avanguardie allora si resero conto che il rischio del seguirli fino all’estremo avrebbe potuto condurre ad una catastrofe e allora questi artisti misero in discussione tutti i fondamenti delle avanguardie che avevano conosciuto e sperimentato per capire il loro significato e dare forma a nuove modalità espressive più legate alla tradizione.
Lei definisce «Guernica» il quadro più bello della modernità: perché? Ciò che lo rende potente è la ricchezza dei suoi significati. Dal punto di vista formale sono le sue dimensioni enormi che colpiscono. Dal lato contenutistico, ci sono alcuni elementi che spingono l’attenzione al centro, in una piramide che punta alla lampadina sospesa. È un dipinto pieno di simboli come il cavallo, il toro, l’uomo morto con la spada spezzata. È una tela dove si dice tutto, basti pensare che la storia racconta che a Parigi, quando i Nazisti videro l’opera chiesero a Picasso: «L’ha fatto lei?» e lui rispose «No, l’avete fatto voi».
Quanto è importante tramandare e condividere l’arte? È fondamentale, perché l’arte è un’esperienza totalizzante che comunica e coinvolge. È impossibile pensare ad un mondo senza arte, non lo era nemmeno nella preistoria, non a caso i primitivi riempirono le caverne con le loro pitture. Perché lo fecero? Perché quelle immagini furono, e sono, una forma di espressione e comunicazione giunte a noi dal passato.//
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