Carofiglio a Brescia con il monologo: «Accettiamo l’errore»
Gianrico Carofiglio, oltre ad essere uno degli scrittori italiani più amati, è anche un garbato saggista e conversatore, capace di invitarci con toni pacati a fare pacificamente i conti con i nostri limiti. Avviene in «Gli errori rendono amabili», il monologo che porterà a Brescia lunedì 23 settembre alle 21, nell’auditorium San Barnaba, ospite del festival LeXGiornate diretto da Daniele Alberti.
Accostando in un percorso coerente riflessioni, aneddoti, citazioni che spaziano da Montaigne a Bill Gates, Carofiglio ricorda al pubblico una verità semplice e spesso trascurata: l’errore è lo strumento più potente per imparare ad accettarsi, e per accrescere la conoscenza del mondo e dei nostri simili.
Carofiglio, perché l’errore rende più amabili?
Una prima risposta, la più ovvia, è che il contrario dell’errore rende detestabili. Troviamo antipatiche o proprio insopportabili le persone che pretendono di aver sempre ragione e di non fare mai errori. Tutti sbagliamo continuamente: gli errori che rendono amabili sono quelli di chi è capace di ammetterli.
E la risposta meno ovvia?
Gli errori ci rendono amabili con noi stessi, quando smettiamo di rimuovere quelli che consideriamo difetti o limiti e li accettiamo come parti della nostra umanità. Essere capaci di ammettere non solo i singoli errori, ma in generale il fatto che la nostra natura è fallibile e che solo attraverso gli errori conosciamo il mondo, ci permette di guardare a noi stessi in un modo più equilibrato e amichevole.
Gli sbagli e i fallimenti possono diventare opportunità?
Questo accade molto spesso. Ma non bisogna fare l’errore di certi libri di auto-aiuto in cui è spiegato che qualunque fallimento è una porta che si apre verso altro... A volte è così, altre volte è solo un passo falso da accettare come una parte naturale della nostra esistenza.
Viviamo però in una società della prestazione, dove in genere l’errore non è tollerato. Con quali conseguenze?
Con la conseguenza di prestazioni peggiori. Chi biasima l’errore e il fallimento, agisce in uno stato di continua contrazione. Gran parte delle sue energie non è indirizzata a produrre risultati, ma proprio a evitare gli errori. Questo porta a una sempre minore capacità di trovare soluzioni nuove e ottenere risultati interessanti. Ed espone soprattutto a errori irreparabili.
Un io ipertrofico è garanzia certa di errori?
È la garanzia di errori catastrofici. L’errore è una delle forme dell’agire umano; e l’io ipertrofico e narcisista è predisposto a commettere errori che non vengono mai ammessi, nei quali si persevera e che generano esiti disastrosi.
La Rete e l’intelligenza artificiale sono potenziali moltiplicatori di errori?
Sì, ma sono anche potenziali moltiplicatori di grandi intuizioni, di progresso, modernità e bellezza. Credo che abbiamo il dovere di aver fiducia nella capacità dell’umano di governare e volgere al bene queste innovazioni incredibili. Il mio non è un ottuso ottimismo, non ignoro i rischi legati a questi strumenti; ma sono fiducioso nell’umanità.
Nel suo mestiere di scrittore ha commesso errori?
Ne faccio continuamente, ma ho cercato di addestrarmi ad accettarli, a riconoscerli e ad andare il più possibile avanti. A volte mi riesce, altre volte meno.
Può fare un esempio?
Nell’estate del 2011 terminai un romanzo con una concezione molto articolata. Le persone con cui lavoravo mi fecero comprendere che nella storia c’erano errori di struttura, i più gravi. Provai una grande frustrazione, un senso di umiliazione. Ma alla fine lo riscrissi da cima a fondo e ne uscì una versione molto migliore. È un errore che poteva diventare catastrofico e che invece, riconosciuto e utilizzato, mi ha fatto migliorare.
L’umorismo e l’ironia sono d’aiuto?
Lo è il sapere ridere di se stessi. Essere capaci di cogliere il ridicolo che c’è in tutti noi è una qualità utile in generale, e lo è in particolare per far fruttare gli errori.
Accettare l’errore, insomma, è accettare la complessità della vita...
Esattamente. Aggiungerei: è accettare con allegria il fatto che non riusciremo né a sapere né a capire tutto, e considerare questo un fatto positivo. Significa un orizzonte sconfinato di conoscenza possibile, la ragione maggiore di felicità per un essere umano.
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