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«Meloni, più atlantista che europeista»

Nicola Rocchi
Tra pragmatismo, sovranismo ed euroscetticismo, il caporedattore del Giornale di Brescia Carlo Muzzi parla di Giorgia Meloni nel nuovo libro «Il futuro della democrazia italiana». Il commento del curatore Palano
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Un moto oscillatorio tra «pragmatismo, sovranismo ed un certo euroscetticismo». Nel libro «Il futuro della democrazia italiana», le scelte di Giorgia Meloni in politica estera sono analizzate da Carlo Muzzi, caporedattore e responsabile del settore Interni/Esteri del Giornale di Brescia.

Muzzi ripercorre i passi compiuti in Europa dalla presidente del Consiglio dopo la sua elezione, mettendone in evidenza il rapporto non univoco con le istituzioni europee: se la leader del governo si è mostrata «saldamente atlantista» e «moderatamente europeista», la leader di partito ha spesso votato contro le proposte della maggioranza, e «si è più volte espressa a favore di una strutturazione europea più simile a un consesso di Stati che all’Unione attuale».

La virata dopo le europee

Una netta virata si è avuta, dopo le elezioni europee del giugno scorso, con il mancato sostegno alla candidatura di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. «È stata una cesura - commenta il curatore del volume, Damiano Palano - rispetto al primo anno e mezzo di governo: a dichiarazioni in parte sovraniste si era accompagnata una linea di accomodamento e la ricerca dell’appoggio della Commissione guidata da von der Leyen».

Quali sono le ragioni e quali le conseguenze di questa scelta «anomala»? «La possiamo spiegare – riflette Palano – col riassestamento dei gruppi sovranisti ed euroscettici in Europa, e con il tentativo di fronteggiare la competizione interna con la Lega di Salvini».

La linea di Meloni può indebolire l’Italia

Secondo Palano, «è possibile che questa linea indebolisca la posizione dell’Italia: potremmo fronteggiare una fase di instabilità anche finanziaria, non solo italiana, e senza un sostegno da parte della Commissione questa condizione potrebbe riflettersi in un’incertezza sui conti pubblici, dunque in una turbolenza dei mercati».

Si apre insomma una fase problematica, che «potrebbe indurre Giorgia Meloni a ridefinire il rapporto apparentemente conflittuale con la nuova Commissione».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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