Capitelli e pilastrini da terme nella cripta del Duomo Vecchio
Tracce della pagana Brixia si possono rintracciare persino nel più antico luogo di culto della cristianità che sia giunto a noi in città, vale a dire la rotonda romanica del Duomo Vecchio. Edificato nel XII secolo sui resti di una più risalente basilica del VI secolo (Santa Maria Maggiore de Dom), deve a quest’ultima la cripta dedicata a San Filastrio, vescovo della città. La cripta fu aggiunta all’originaria basilica in secoli successivi alla sua fondazione, si ritiene attorno all’VIII secolo. Il ricorso - abituale per l’epoca - a materiale di reimpiego - spiega la presenza di capitelli corinzi di età romana tra quelli che dominano le venti colonne presenti, alcuni datati dagli storici dell’arte al I-II secolo d.C., nel pieno cioè dell’epoca imperiale.
Non solo. Nelle pareti che sono perimetro alla cripta si possono rintracciare delle nicchie che inglobano suspensurae, vale a dire quei pilastrini sui quali poggiava il pavimento nelle strutture termali e nelle domus per consentire la circolazione, nell’intercapedine sottostante, di aria calda insufflata da bracieri o da apposite stanze adibite a fornaci. Anche in altre aree dell’edificio di culto sono peraltro state rinvenute tegulae mammatae, speciali laterizi propri dell’edilizia romana che consentivano di creare intercapedini a muro e garantire aerazione in particolare in ambienti umidi, come le terme.
Questo induce a credere che nell’area del Duomo Vecchio insistesse o un edificio termale o una domus, materiale dei quali è stato successivamente riciclato nel corso della realizzazione dell’edificio di culto.
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