Cambiare prospettiva: san Francesco capovolge lo sguardo sulle cose del mondo

Elisabetta Nicoli
Come ha inciso nella società e nella cultura il lascito del Giullare di Dio che ha saputo ribaltare il modo di guardare la vita: il convegno internazionale in Università Cattolica a Milano e alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia
A testa in giù: l’antica immagine del giullare dal «Rutland Psalter» della British Library - © www.giornaledibrescia.it
A testa in giù: l’antica immagine del giullare dal «Rutland Psalter» della British Library - © www.giornaledibrescia.it
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Cambiamento di prospettiva che ha profondamente inciso nella società e nella cultura: è il lascito vivo di San Francesco, che un convegno internazionale esplora con le tre giornate di studio del 17, 18 e 19 aprile nella sede milanese dell’Università Cattolica e alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. «Giullare di Dio. Il rovesciamento francescano dello sguardo sul mondo. Esiti istituzionali e forme di rappresentazione»: è il tema proposto dai Dipartimenti di Scienze della comunicazione e dello spettacolo; Studi medievali, umanistici e rinascimentali; Scienze religiose dell’Università Cattolica.

L’immagine di un antico teatrante presa da un salterio del XIII secolo introduce ai lavori e idealmente si ricollega alla figura del moderno performer, attraverso l’itinerario interdisciplinare del convegno, che si avvale dell’apporto di importanti ricercatori e studiosi di università italiane e straniere, con la direzione scientifica di Carla Bino, professore associato di Storia del teatro e drammaturgia in Università Cattolica, e Nicolangelo D’Acunto, direttore del Dipartimento di Studi medievali, umanistici e rinascimentali.

Prof. Bino, come è nata l’iniziativa?

La fonte francescana racconta di Francesco che, parlando ai frati, li esortava ad andare per le strade, predicare e poi cantare con i presenti le lodi di Dio. A partire da questo modo rivoluzionario di intendere la missione, ci siamo interrogati su quanto abbia inciso nel tempo il rovesciamento di prospettiva. L’espressione «Giullare di Dio» (Ioculator Domini) è stata tradizionalmente usata come simbolo della rivoluzione culturale francescana. Metaforicamente, il giullare è colui che cammina a testa in giù appoggiandosi sulle mani, e così propone uno sguardo capovolto sulle cose del mondo. Francesco assume quella posizione, da ultimo degli ultimi, e mira a trasmettere consapevolezza della comune appartenenza alla famiglia di Dio. Sceglie di agire nel mondo, di parlare facendosi capire. Divulga la parola con l’uso del volgare predicando al popolo. La sua rivoluzione valorizza il realismo nell’arte. L’antica immagine del giullare, presa dal «Rutland Psalter» della British Library si rifà al racconto biblico del re Davide che suona e danza accompagnando l’arca di Dio. In umiltà.

Come si articola la proposta?

Il convegno intende verificare come la logica ribaltata di Francesco da ideale si sia incarnata nella storia. Sia nelle forme dell’organizzazione sociale, economica, politica, religiosa. Sia nelle forme della rappresentazione. La ricerca interdisciplinare ha ampiamente mostrato quanto la spiritualità francescana abbia influenzato arte figurativa, letteratura, predicazione, devozione, drammaturgia. Il convegno vuole mettere in dialogo studiosi di varie discipline, chiedendo loro di interrogarsi sulle dinamiche del rovesciamento operato dalla cultura francescana e sui suoi esiti. Tre i contesti di lavoro, con riguardo alla dimensione istituzionale, alle forme della rappresentazione in età tardo medievale, all’eredità che si rileva nel nostro tempo.

Quale influsso viene messo in evidenza nella contemporaneità?

Nella sezione conclusiva l’interrogativo è rivolto agli studiosi di teatro contemporaneo. Si vuole indagare l’eredità della figura di Francesco nel teatro del Novecento e in particolare l’influenza del suo "habitus vivendi et agendi" sulla nascita e sugli sviluppi della pedagogia teatrale, la disciplina artistica come disciplina del corpo e dell’anima, la continuità tra forma d’arte e forma di vita; l’importanza decisiva che, a partire dai padri fondatori della pedagogia teatrale di inizio secolo, hanno avuto parole come «povertà», «simplicitas», «regola»; l’idea di un teatro pensato e vissuto al di fuori della rappresentazione e al di là di ogni autoreferenzialità estetica, per riportarlo al grado zero dell’azione, praticabile nella sua accezione individuale e comunitaria.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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