Brescia è innamorata dell’arte del danzatore e coreografo Teshigawara
Per quanto uno se lo aspetti, è sempre incredibile la quiete che l’arte orientale trasmette. Anche dal vivo, e anche su musiche tradizionalmente occidentali. È quanto accaduto giovedì sera in occasione di «Adagio»: il coreografo e danzatore giapponese Saburo Teshigawara è tornato sul palco del Teatro Grande di Brescia fresco di Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia 2022, proponendo al numeroso pubblico un lavoro, prodotto dalla sua compagnia Karas, fondato esattamente sulla musica europea, su cui ha magicamente cucito la sua danza contemporanea che mischia Asia ed Europa senza soluzione di continuità.
Perché di fatto il suo è uno stile composto da un mix di cose. Ci sono le movenze scultoree che provengono dalla formazione tecnica dell’artista; l’attitudine pacifica e fluida dell’arte orientale; e la danza classica, che Teshigawara ha studiato a partire dagli anni Ottanta nella sua città natale, Tokyo. Sul palco - in quella che rappresentava una prima assoluta italiana, prima di passare anche dalla Triennale di Milano stasera e domani - erano in due: lo stesso Teshigawara e la sua storica allieva e interprete Rihoko Sato. Ma nessun passo a due li ha visti danzare insieme: ogni musica (da Bach a Beethoven, da Mozart a Ravel) è stata da loro interpretata in solitaria, passandosi il testimone. Ciò ha permesso di apprezzare ancora di più l’arte del coreografo: eseguita da lui è una cosa, e donata a Sato è un’altra.
Entrando ed uscendo dalla luce e dalle tenebre (grazie alle luci sapientemente studiate), i due hanno fornito un prezioso esempio della creatività di Teshigawara, avvolti in costumi semplicissimi ideati da loro stessi, essenziali abiti spezzati in seta bianca che, fasciando le membra e appoggiandosi delicatamente, sottolineavano l’incredibile plasticità scultorea dei corpi. Durante tutta la performance, durata circa un’ora, gli applausi a scena aperta sono stati timidi, quasi a non voler disturbare i danzatori. Ma la timidezza non è durata molto: alla fine, in chiusura, il Teatro Grande tutto, dalla platea alle gallerie più alte, ha fatto sentire l’apprezzamento ai due danzatori, con un applauso di quasi cinque minuti, per ribadire l’affetto che la città prova nei confronti della loro arte.
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