Due bresciani tra gli «architetti under 40 più promettenti al mondo»

Sono giovani e pieni di grinta, e hanno già lasciato il segno in diversi parti del mondo: Italia, Spagna, Portogallo e Brasile. L’ultimo Paese è il Messico che li ha visti protagonisti a «Queretaro», uno tra i più importanti congressi di architettura al mondo che si tiene ogni anno nella città di Queretaro, appunto.
Nicolò Galeazzi e Martina Salvaneschi, duo italo-sudafricano di architetti, sono appena stati considerati tra gli architetti under 40 più promettenti al mondo. Bresciani di sangue ma globali di mente, ovunque vanno portano con loro uno sguardo che è al contempo invenzione e progettistica. Brescia è la città che hanno scelto per vivere e fondare il loro studio, Associates Architecture, dove l’architettura incontra l’arte e l’artigianato, e le idee si sviluppano per dialogare con il mondo.
Il congresso di Queretaro
Il convegno prende nome dalla città in cui si svolge e quest’anno giunge alla terza edizione. L’obiettivo? Riunire i migliori architetti del mondo. Ogni anno, infatti, vengono invitati 13 artisti del panorama dell’architettura mondiale: di questi, due sono gli architetti under 40 considerati talentuosi e su cui il congresso decide di investire. Quest’anno ad essere stato selezionato – oltre allo studio di architettura spagnolo di Bilbao BeAr Architects – è stato proprio l’atelier bresciano Associates Architecture.
«A Queretaro abbiamo voluto anche portare Brescia – spiega Nicolò Galeazzi –. Negli ultimi 15 anni la città ha subìto un’importante rigenerazione urbana, spostando il baricentro e l’attenzione alla cultura. Pensiamo all’opera di Christo, alle sculture di Mimmo Paladino o ancora alle numerose gallerie d’arte presenti sul nostro territorio. Per non parlare della reinvenzione del Carmine – continua –. Ma non solo: costruita la metro, ora si sta lavorando al tram e ad altri numerosi progetti».
Il duo ha voluto quindi onorare la Leonessa d’Italia e far capire cosa significa viverci oggi. «Brescia è una città molto vera in cui la cultura ha una rilevanza fondativa che non aveva in passato – sottolinea l’architetto –. Penso che una delle sue forze sia quella di essere una provincia underdog e per questo in grado di stupire sempre» (la parola qui è utilizzata per intendere come Brescia, solitamente percepita come una città poco conosciuta e da cui non si hanno grandi aspettative, sia riuscita a emergere nel panorama nazionale, ndr).
«E, proprio perché lo è, ha sviluppato dei sistemi culturali interessanti che sono più radicati alla base».

La filosofia di Associates Architecture
«La nostra filosofia di progetto si basa su due cardini, i luoghi e le persone», racconta Galeazzi. «Ogni progetto parte dallo studio del luogo attraverso un processo che ci piace definire archeologico che mira ad indagare gli aspetti morfologici, storici, climatici e materiali dei luoghi in cui operiamo». È questo il concetto di indagine archeologica che è alla base di ogni progetto di Associates Architecture. Ossia un lavoro di ricerca sul luogo che è paragonabile all’attività di un archeologo.
«Poi ci sono le persone – continua il professionista – che sono il fine ultimo dei nostri progetti. Soprattutto, quello che a noi interessa sono i rituali della vita e come questi sono in grado di generare e modificare gli spazi».
Più che un motto quindi il loro è un metodo. Un metodo che mette in primo piano il concetto di diversità: «Proprio perché io e Martina veniamo da contesti culturali diversi e ci sentiamo cittadini del mondo, abbiamo sempre tenuto alla diversità».
Nicolò Galeazzi è nato a Brescia, ha studiato a Parma e in Portogallo, dove ha anche lavorato per 4 anni. Martina Salvaneschi, invece, è nata in Sudafrica e ha vissuto prima ad Asti e poi a Vicenza per spostarsi a Venezia e in Brasile. Infine, a Brescia. «La diversità per noi significa, innanzitutto, non trovare mai uno stile che ci identifichi», confida sorridendo.
I progetti
Tra i vari progetti che lo studio ha realizzato, The Chapel of Silence: una piccola cappella progettata sulle montagne di Botticino. Un luogo di silenzio dove potersi rifugiare e aperto a qualsiasi religione.

Nel 2023, invece, il duo aveva realizzato in piazza Tebaldo Brusato «Edicola», un immenso totem alto 6 metri. Lo scopo del progetto era offrire ai cittadini un angolo di cultura in cui potersi esprimere: l’opera si proponeva, infatti, come un contenitore di concerti, dj set e laboratori.

Non mancano poi progetti realizzati anche all’estero, tra questi Sin Nombre House and Gallery, una casa-galleria progettata per una coppia italo-americana a San Miguel de Allende in Messico.

Infine, tra le opere più recenti, Stones Venue, realizzata dal 2019 al 2024: una copertura pubblica sotto cui è possibile svolgere eventi. Il progetto, commissionato dal Consorzio produttori marmo Botticino classico, è stato realizzato per rappresentare l’unione di Brescia e Bergamo in occasione del titolo di Capitale italiana della cultura.

Dieci pilastri che la sostengono così come dieci sono le pietre scelte per realizzarla: 6 provenienti da cave bresciane, 3 da quelle bergamasche e una realizzata unendo due pietre appartenenti alle due città.
Lo studio a Brescia: una scelta
Nasce a Brescia nel 2019 ed è uno studio che opera su più scale nel campo dell’architettura. L’idea di creare uno spazio creativo è nata dopo l’incontro con Martina. «Ci siamo conosciuti nel 2016, durante la Biennale di Venezia – racconta il bresciano –. Dopo qualche chiacchierata è nato subito il sogno di costruire qualcosa insieme».
Brescia è stata la sede prescelta. Perchè? «È una città che oltre a permetterti di dar vita alla creatività, offre spazi di silenzio, oltre che di socialità. Il tema del silenzio rappresenta una rarità oggi – dice –. Inoltre, la provincia ha una dimensione geografica che sentivamo nostra: qui è ancora possibile sviluppare l’idea di piccolo atelier che lavora alla qualità più che alla quantità».
L’affetto che il duo bresciano nutre nei confronti di questo territorio è evidente, ma pur sempre con lo sguardo proiettato verso il mondo. «Amiamo tantissimo Brescia, anche se ci sentiamo cittadini del mondo – chiarisce –. L’Italia è una nazione che contiene al suo interno un mappamondo di diversità. Tante province e ognuna con le sue particolarità. Il nostro Paese è la metafora dell’importanza della diversità. E la diversità, più che l’uguaglianza, è un valore fondativo della cultura contemporanea».
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