Bobby Solo è un eroe: l'omaggio a Cash esalta e mette i brividi
Bobby Solo è un eroe. Ieri sera ha fatto impazzire il pubblico della Latteria Molloy con il concerto omaggio a Johnny Cash nel cinquantesimo anniversario del live a Folsom Prison.
Prima di lui, gli ottimi Broadcash hanno scaldato l’atmosfera con il loro country scarno ed efficace, com’era nella tradizione di Cash, ma a un certo punto l’impazienza ha cominciato a regnare. La gente voleva Bobby.
Acclamato, idolatrato, si è presentato sul palco con quell’aria naive di chi sa perfettamente come gestire un palco e al tempo stesso sembra quasi stupito di trovarsi lì. «Folsom prison blues», «Walk the line», «Cry, Cry, Cry», «Big river» e «Ring of fire» hanno fatto ballare e cantare un pubblico estremamente vario per età e molto preparato sul tema. Le occasioni per sentire questa musica dal vivo sono poche e la voglia evidentemente era tanta.
Momenti davvero magici, come «Ghost riders in the sky», intrisi di vita vissuta ai margini, tipo «Sunday morning comin’ down» di Kris Kristofferson, e da tenere nell’album dei ricordi come il finale con «Una lacrima sul viso» rivisitata in una versione struggente: «Gli arrangiamenti sono come dei vestiti. Quando li togli resta la parte essenziale e devo dire che a me questa melodia sembra ancora bella», dice al microfono.
Che eroe, Bobby: voce dalle sfumature profonde, non cade nell’imitazione, ma reinterpreta alla grande con passione e umiltà, ringraziando più volte gli spettatori, evidentemente colpito dall’accoglienza bollente in un concerto che in molti avrebbero desiderato più generoso a livello di scaletta. E quando fa l'occhiolino dicendo «grande pubblico, I love you» sa di averci conquistato per sempre. Anzi, forever.
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