Cultura

«Biesse»: lo scavo per la Galleria, la Tempini e altre istantanee di storia bresciana

Dal 13 settembre è in edicola con il Giornale di Brescia il dodicesimo numero del periodico edito dalla Fondazione Negri
L’uscita degli operai della Metallurgica Bresciana Tempini nel 1918 - © www.giornaledibrescia.it
L’uscita degli operai della Metallurgica Bresciana Tempini nel 1918 - © www.giornaledibrescia.it
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Via Turati: non serve descriverla con dovizia di particolari per riportarla alla mente, essendo una delle strade più frequentate dalle automobili bresciane che si apprestano a raggiungere il centro. Ma com’era negli anni Trenta? Pochi edifici, tanta polvere. La quiete prima del boom economico.

È questa doppia immagine, che mette a confronto le fasi di vita di via Turati nel corso dei decenni, ad aprire le danze del 12° numero di «Biesse», rivista di storia bresciana che da due anni, bimestralmente, propone una interessantissima rilettura della città attraverso le fotografie d’epoca. La rivista torna in edicola martedì 13 settembre, in abbinamento con il Giornale di Brescia, ad 8 euro più il prezzo del quotidiano.

Dalla città al lago d'Iseo

Per questo numero il comitato scientifico - formato dal direttore Marcello Zane, con Silvia Boffelli, Alessandro Zane, Franco Ragni e Mauro Negri - ha spulciato negli archivi Negri, Onda Studio, Franco Ragni, Cinelli e Giornale di Brescia e ha scelto un percorso che dalla città (tra il Castello e Lamarmora) arriva fino al Lago d’Iseo, a Salò, a Vobarno, mostrando come vivevano i nostri nonni e bisnonni e soprattutto facendo intuire i massicci cambiamenti portati dalla modernità. Perché se per le ere geologiche un centinaio d’anni sono briciole, gli anni tra Novecento e Duemila sono quelli che hanno subito più modificazioni.

Avvio dei lavori negli anni Trenta del ’900, con maestranze, progettisti e titolari della ditta Garatti - © www.giornaledibrescia.it
Avvio dei lavori negli anni Trenta del ’900, con maestranze, progettisti e titolari della ditta Garatti - © www.giornaledibrescia.it

Ben visibili, per esempio, nelle foto del cantiere della galleria sotto al Cidneo, quando la collina fu scavata con attrezzature che paiono leggerissime, instabilissime. O nelle immagini delle navigazioni lacustri, delle architetture cittadine con le loro grafiche d’altri tempi, o in quelle di un set cinematografico western, quello che Angio Zane, fotografo salodiano passato anche alla cinepresa, allestì a Campoverde di Salò per i caroselli di Negroni salumi.

Il set cinematografico a Campoverde: Angio Zane gira un carosello - © www.giornaledibrescia.it
Il set cinematografico a Campoverde: Angio Zane gira un carosello - © www.giornaledibrescia.it

La storia di Brescia e provincia

Non mancano foto più private, intime e familiari, come quelle dei banchetti sotto i pergolati delle vecchie cascine, e nemmeno la storia sociale della provincia, con la Casa di Riposo di Vobarno nata in seno alla Ferriera. Vi sono gli scorci che, notissimi in passato, ora è difficile ricordare, come nel caso dello «Stadium» tra viale Venezia e viale Piave, regno del calcio ideato dall’imprenditore Giuseppe Freschi.

Gli appassionati di motori non resteranno a bocca asciutta: la storia dei Fratelli Bertolotti e del loro palazzo disegnato da Egidio Dabbeni, noto garage cittadino, diventa pretesto per raccontare (parole e immagini) le vicende del Monoplano Bertolotti e del suo tentativo di volo del 1910. E, dopo le pagine dedicate a questa attività motoristica bresciana, ecco anche il «Gruppo Motociclistico Bianchi» raccolto davanti al Garage Gatti di piazzale Cremona (ex Garage Excelsior), prima di fare un giretto sulle Zette del Golfo di Salò, storica strada che collega Salò a Cunettone. E poi antiche maniglie decorate (storia del design industriale della provincia), negozi di macchine da scrivere, restauri di antichi edifici religiosi sul lago.

La storia di Brescia e provincia documentata dalle immagini in bianco e nero (per lo più) è ricca e curiosa. Di particolare fascino il racconto per fotografie della nascita del quartiere Lamarmora, che dal 1947 passò dall’essere aperta campagna ospitante un vecchio gasometro, ad agglomerato urbano. Un intervento enorme: entro il 1949, lo Iacp di Brescia costruì 845 alloggi, che diventarono più di mille nei successivi 10 anni. Il cavalcavia Kennedy? Non esisteva ancora, dal momento che comparve negli anni ’60.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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