Vanni Santoni, nel nuovo romanzo tutta la storia dei graffiti
Arte o degrado? Sui graffiti il discorso è più che mai aperto. La conferma arriva anche da un romanzo, «Dilaga ovunque» (Laterza, 144 pp. 16 euro) dello scrittore toscano quarantaseienne Vanni Santoni, finalista alla 62esima edizione del premio Campiello, (premiazione a Venezia il 21 settembre).
La storia dei graffiti
«Quando i ragazzini dei quartieri poveri di New York e Philadelphia cominciarono a segnare il territorio con i loro lavori – spiega l’autore – in molti credettero che si trattasse di un segno di degrado; in realtà stava avvenendo l’opposto: crescendo in quartieri problematici, e a tutti gli effetti anche brutti, in cui vivevano in condizioni di alienazione, attraverso il segno pittorico se ne riappropriavano e riaffermavano la loro individualità».
I graffitari protagonisti del romanzo
Autore di un’altra ventina di testi di vario argomento che hanno avuto tutti un buon successo, Santoni in questo libro, attraverso il personaggio di Cristiana, rievoca la nascita della passione giovanile per il mondo dei graffiti e dei graffitari, come una sorta di viaggio dalle origini ai giorni nostri di una espressione artistica che va avanti da più di cinquant’anni. E così dalle immagini stilizzate delle grotte di Lascaux alla street art il passo è stato breve, «anche se – precisa – i graffiti hanno subito decenni di criminalizzazione e mistificazioni, prima di venir poi riconosciuti come arte a ogni effetto. È un processo abbastanza frequente, quando qualcosa nasce nell’underground e poi si afferma nel mainstream».
Santoni, che tipo d’arte è quella dei graffiti? Autentica, istintiva, naif?
L’incasellamento dei graffiti è sempre stato compito arduo per la critica, dato che includono forme espressive anche diversissime. C’è chi ha parlato di art brut, chi di arte site specific, chi è ricorso a vecchie categorie come il muralismo o l’affresco, ma la verità è che il graffitismo si posiziona all’intersezione di tutto questo, e di altre categorie non necessariamente artistiche come i «latrinalia» o le normali scritte sui muri. La stessa categoria di «street art» è sfuggente, dato che per alcuni è un termine-ombrello che racchiude anche il «writing», mentre per altri ne è un’evoluzione o degenerazione, col passaggio dal calligrafico al figurativo.
Che mondo è quello che i graffitari rappresentano con i loro disegni?
Il writing non nasce come rappresentazione. Il writing è calligrafia, è sempre lavoro stilistico sulla lettera ed evoluzione, dalla semplice tag fino a lavori più complessi. Quando dal writing si stacca la street art figurativa, come per la pittura vi si possono trovare mondi di ogni tipo. Semplificando un po’, le principali forme espressive riconducibili a questo mondo sono la pittura spray, da cui nasce tutto; l’uso di pennelli e vernice che rimanda al muralismo classico; lo stencil; la poster art; la sticker art. Ma esistono anche forme più di nicchia come lo «yarn bombing» che usa tessuti fatti a maglia, tecniche in cui invece di dipingere si toglie il nero dello smog dai muri urbani.
Chi è Cristiana Michelangelo, protagonista unica di «Dilaga ovunque», e già tra i protagonisti di un altro suo romanzo, «I fratelli Michelangelo» (Mondadori) nel 2019?
Ha un passato da graffitara, e perciò protagonista ideale per un romanzo sui graffiti dato che nella sua storia c’è sempre stato un rapporto a volte oppositivo e a volte sinergico col mondo dell’arte «alta», quella di gallerie e musei, che alla fine hanno aperto le porte ai graffiti – una legittimazione che però ha fatto perdere per strada qualcosa – . Impegnata in un’azione artistica in un deposito di treni di Barcellona, Cristiana viene fermata dalla polizia catalana. Da lì parte un flashback che, attraverso l’artista over-40, racconta l’intera storia del fenomeno.
Sul piano economico, qual è il valore dei graffiti?
Oggi la street art si vende nelle gallerie e nelle fiere d’arte, a prezzi che non hanno niente da invidiare a quelli di altre forme artistiche, ma ciò è solo testimonianza del fatto che la sua estetica e il suo linguaggio sono adesso apprezzati da tutti. Quel che conta è che continui a vivere nel suo habitat, che era e resta lo spazio urbano.
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