Arte

Un foglio di Mantegna dai caveau alle sale della Pinacoteca

Anita Loriana Ronchi
La «Deposizione» è esposta al posto del «San Giorgio e il drago» che è in prestito in Friuli Venezia Giulia: sarà visibile fino al 3 novembre
Un dettaglio di Andrea Mantegna, «Deposizione», ca 1460-65
Un dettaglio di Andrea Mantegna, «Deposizione», ca 1460-65
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Si sono accesi i riflettori sul prezioso disegno di Andrea Mantegna raffigurante la «Deposizione», opera protagonista del nuovo episodio del programma «Ptm Andata/Ritorno», il format di Fondazione Brescia Musei che trasforma le partenze di opere delle collezioni civiche – collegate alle richieste di prestito – in arrivi in sala di altre opere, che dialogano con la collezione permanente offrendo nuove prospettive di interpretazione e lettura.

Il mirabile disegno dell’artista padovano realizzato a penna e inchiostro bruno su carta, databile intorno al 1460-1465, campeggia infatti da ieri nella sala Uno della Pinacoteca Tosio Martinengo, occupando lo spazio solitamente riservato al dipinto «San Giorgio e il drago», che nei prossimi mesi sarà esposto nella XX Mostra internazionale d’arte «Il Coraggio» a Illegio, in provincia di Udine.

Per la «Deposizione» si tratta in realtà di un ritorno, a distanza di 15 anni da quando l’opera di Mantegna fu esposta per pochi giorni in Pinacoteca, nel gennaio 2009 – di rientro a Brescia dopo essere stata ospitata al Louvre – per la mostra «CapoLavori in corso». Ora, il foglio più prezioso della civica collezione dei disegni, che ha rappresentato le collezioni bresciane nel mondo e che è abitualmente custodito per ragioni di conservazione nei cassetti del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, resterà in visione fino al 3 novembre, accompagnato da un intenso lavoro di studio ed analisi curato dai conservatori Roberta D’Adda e Nicola Turati.

L’opera

L’opera, che giunse nelle raccolte cittadine nel 1863, con il legato di Camillo Brozzoni, testimonia una volta di più «l’inesauribile ricchezza del patrimonio bresciano», ha sottolineato il direttore della Fondazione Brescia Musei, Stefano Karadjov, nella presentazione a cui è intervenuto anche il consigliere comunale delegato alla Cultura, Francesco Tomasini. «Mostriamo un capolavoro che, proprio in occasione di un’altra mostra, nel 1992, a Londra e New York rivelò, grazie a un restauro, il verso con il disegno del candelabro di destinazione ecclesiastica. Sul recto, invece, con la meravigliosa deposizione nel sepolcro, non vi è che da ammirare la bellezza e l'essenzialità del corpo scultoreo e le rese chiaroscurali del maestro padovano».

Da sinistra: Tomasini, Bazoli, D'Adda, Turati e Karadjov alla presentazione del disegno di Mantegna in Pinacoteca
Da sinistra: Tomasini, Bazoli, D'Adda, Turati e Karadjov alla presentazione del disegno di Mantegna in Pinacoteca

Linee e tratti collegano questo capolavoro alle influenze culturali che, sul finire del ‘400, prepararono il terreno all’esordio della grande pittura del Rinascimento, cui fra pochi mesi (e dopo la recente mostra intitolata a Lorenzo Lotto) sarà dedicato in città un nuovo importante evento. Questo è il 13esimo progetto temporaneo Andata/Ritorno ed è anch’esso reso possibile – ha ricordato la presidente di Brescia Musei Francesca Bazoli – dal mecenatismo illuminato dei collezionisti bresciani, ai quali la Fondazione rivolge l’invito a concorrere per la realizzazione della futura museotecnica, per l’archiviazione dei numerosissimi capolavori in dotazione.

La «Deposizione», ha spiegato Turati, costituisce un documento straordinario e fra i più autentici per l’elaborazione del nuovo stilema rinascimentale da parte del maestro padovano, connotato com’è da una continuità di temi e di variazioni compositive rispetto ad alcuni altri disegni custoditi in prestigiose collezioni pubbliche e private.

La Deposizione di Mantegna in Pinacoteca
La Deposizione di Mantegna in Pinacoteca

«Consente di tracciare il pensiero dell’artista, nel seguire linee e forme e racchiude il suo “marchio di fabbrica”, ovvero la definizione dei volumi, resi per via di chiaroscuro, attraverso ombre che si fanno più fitte e più rade, più marcate e più tenui a seconda del variare della luce e in relazione alle esigenze formali. Mantegna, come evidenziano le numerose variazioni in corso d’opera, indaga e definisce progressivamente la composizione della scena, con il corpo del Salvatore scorciato in diagonale e ripreso in diverse angolazioni».

La presenza del foglio mantegnesco nella prima sala della Pinacoteca stabilisce, osserva la conservatrice D’Adda, un legame ideale, seppur “in absentia” e in discontinuità in questo caso, con «San Giorgio e il drago». Entrambe le opere testimoniano un esempio dell’ecletticità della tradizione bresciana e della sua capacità di assumere riferimenti eccellenti per farne sintesi in un linguaggio nuovo ed originale. 

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