Il Bagnadore torna davvero ai bresciani: tutti potranno vedere l’opera
In Loggia il Bagnadore era già tornato, dopo una rocambolesca e romantica avventura che ha coinvolto sia le istituzioni bresciane che la stessa cittadinanza, che contribuì al suo acquisto dopo che l’opera spuntò in una casa d’aste a Firenze. Ma ora tornerà davvero nelle mani della popolazione: l’«Annunciazione» che fu ritrovata da Luciano Anelli, comprata da una cordata di appassionati e restaurata da Fondazione civiltà bresciana sarà infatti nuovamente fruibile dal pubblico, recuperandone l’originario senso (anche se non l’esatta collocazione).
In Loggia
Se infatti fino a metà dell’Ottocento questo grande dipinto di Pietro Maria Bagnatore (1548-1629) era appeso sulla facciata della Loggia, ora riposerà al suo interno. Dopo essere stata esposta nel 2018 durante la mostra «Tiziano e la pittura del Cinquecento tra Venezia e Brescia» e dopo che nel 2023 se ne presentò l’esito del necessario restauro, oggi si chiude il grande progetto iniziato con l’acquisizione dell’opera dopo la messa in vendita sul mercato. Non starà più sopra il portale d’ingresso, dicevamo: la sua collocazione definitiva è al primo piano, nell’ufficio del presidente del Consiglio comunale, ovvero – oggi – Roberto Rossini.
Ma la notizia non è tanto la nuova collocazione, dato che il Bagnadore sta lì da qualche mese. Piuttosto, l’effettiva messa a disposizione della cittadinanza e del pubblico di quest’opera.
Opera pubblica
L’annuncio è arrivato durante la presentazione da parte delle istituzioni, ovvero Stefano Karadjov per Fondazione Brescia Musei (dato che l’opera fu loro donata per entrare nelle collezioni civiche), Roberto Rossini, Pietro Ghetti (consigliere comunale e presidente della Commissione cultura) e Mario Gorlani, presidente di Fondazione civiltà bresciana, che contribuì in toto al restauro dell’«Annunciazione» nella quale compare anche una veduta del Castello. Ogni sabato mattina dalle 9 alle 12 – a partire da sabato 22 marzo 2025 e fino al 31 dicembre – il pubblico potrà entrare gratuitamente nell’ufficio per ammirare l’opera.
«Il recupero di un’opera d’arte grazie al sostegno di un’alleanza di soggetti è già di per sé un fatto interessante», dice Rossini. «Io, insieme ai capigruppo che si riuniscono qui durante le assemblee, sono il fruitore pro-tempore di questa sala e sono molto orgoglioso». L’opera sarà visibile di sabato proprio perché l’ufficio è quotidianamente operativo e solo il sabato può accogliere il pubblico.
La storia
Fu il professore ed esperto d’arte Luciano Anelli negli anni Ottanta a rintracciare ad Antezzate la grande tela, che poi nel 2018 rispuntò a Firenze, ad un’asta da Pandolfini. Una compagine di volenterosi coordinati da Anelli e con il decisivo impulso dell’allora presidente di Fondazione Brescia Musei Massimo Minini raccolsero risorse per acquistare l’opera, che dopo essere stata brevemente esposta per la mostra dedicata a Tiziano, andò subito al restauro.
Ne aveva bisogno, dice Anelli, vista la collocazione esterna per almeno due secoli e mezzo (dalla fine del Cinquecento ad almeno il 1836 (dato che Anelli scovò la riproduzione in un dipinto del 1760 e in uno del 1836 di Giovanni Renica: «Ingrandendo con la lente si vede il quadro appeso sulla facciata»).

Il restauro
Il restauro fu possibile grazie al contributo di Fondazione civiltà bresciana. «Fu il professor Anelli a coinvolgerci in questa alleanza per la città, sollecitati a fare la nostra parte. L’opera ha un forte valore identitario e simbolico, essendo stata commissionata alla fine del Cinquecento dall’Amministrazione ed essendo sempre esposta sul palazzo. Fare conoscere i simboli della civiltà bresciana è una delle nostre missioni, quindi l’abbiamo fatto volentieri», dice l’avvocato Gorlani. Il restauro fu poi eseguito da Leonardo Gatti sotto la supervisione della sovrintendenza (grazie al lascito di Armando Arici, che aveva come vincolo il reimpiego per iniziative di questo genere).
Fu sempre Anelli a insistere proprio per Gatti, «perché aveva già restaurato tre Pietro Maria Bagnatore», dice. «L’esperienza su un autore è molto preziosa e questo dipinto in particolare aveva bisogno di delicatezza. Olio magro, tempera grassa… Servono diversi momenti di intervento tecnico. Fu un restauro ben fatto. I colori non sono tizianeschi: Bagnadore era un eretico, l’unico che in quel periodo non andò a Venezia a imparare lo stile veneziano come fecero gli altri. Andò invece a Roma nella bottega di Girolamo Muziano, romano ma originario di Acquafredda. Ha quindi un’impronta monumentale, con tanta prospettiva, perché imparò a dipingere non dal colore tizianesco, ma dall’impianto architettonico romano e michelangiolesco».
La conferenza e i prossimi passi

A tal proposito, giovedì 20 marzo alle 18 in Pinacoteca Tosio Martinengo ci sarà una conferenza dal titolo «Il michelangiolismo romano nelle opere di Bagnadore», tenuta dal professor Anelli. A chi parteciperà verrà regalato il quaderno dedicato all’«Annunciazione», che in seguito verrà distribuito a chi farà richiesta sia in Pinacoteca che in Loggia.
«Le scelte decorative in Loggia negli ultimi anni non sono meramente funzionali: due anni fa è stato rinnovato l’ufficio della sindaca scegliendo una linea Ottocentesca; l’“Annunciazione” ora è qui; e in autunno sveleremo un nuovo inserimento di un recupero di Basiletti nell’ufficio del vicesindaco. Pinacoteca Tosio Martinengo, palazzo Tosio, Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia e Loggia: questa rete rappresenta un sistema articolato nel quale le collezioni, che non sono esposte solo in Pinacoteca, trovano ragione d’essere», spiega Karadjov.
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