Venezia, alle Gallerie dell’Accademia una mostra su Pietro Bellotti

Alle Gallerie dell’Accademia di Venezia arriva in autunno la mostra «Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia», che si terrà dal 19 settembre al 18 gennaio 2026. Curata da Francesco Ceretti, Michele Nicolaci e Filippo Piazza, presenta al grande pubblico il pittore bresciano Pietro Bellotti (nato a Volciano nel 1625 e morto a Gargnano nel 1700), attivo a Venezia per la maggior parte della sua carriera, ancora poco noto ma di indubbio fascino nel contesto artistico della pittura lagunare del pieno Seicento.
La mostra
La mostra racconta la nascita e lo sviluppo nella Venezia di metà Seicento di un nuovo modo di interpretare temi e soggetti propri dell’immaginario barocco, dove la predilezione per iconografie inconsuete si associa a un’acuta osservazione del dato reale, creando un affascinante connubio tra stupore e realtà.
Questi elementi sostanziano l’opera di Bellotti ed emergono in due importanti dipinti acquisiti di recente dalle Gallerie dell’Accademia: il cosiddetto «Autoritratto come allegoria dello Stupore» e i «Popolani all’aperto», quest’ultimo da tempo al centro di un dibattito attributivo al quale la mostra intende fornire un contributo, anche sulla base degli esiti del recente restauro.

La mostra si avvale di prestiti da musei internazionali e italiani, quali il Prado di Madrid, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Staatsgalerie di Stoccarda, il Dallas Museum of Art, le Gallerie degli Uffizi e il Castello Sforzesco di Milano.
Il direttore Giulio Manieri Elia: «Un lavoro di studio e di ricerca, ma anche di fondamentale valorizzazione delle opere delle nostre collezioni, nel solco di quel percorso di riscoperta sul Seicento veneto cominciato con il riallestimento delle sale al piano terra e con i due convegni negli anni seguenti».
L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo curato da Francesco Ceretti, Michele Nicolaci e Filippo Piazza, corredato da saggi di noti studiosi italiani.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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