Arte e letteratura sedotte dal mito del conte Dracula e dei suoi fratelli
Il tema, il Vampiro, è certo popolare poiché originatosi anticamente nei miti di svariate culture, epoche e luoghi, giungendo poi ai nostri giorni nella dimensione iconica pop celebrata in letteratura, arte, fumetti, tv e cinema (a riprova l’uscita del film «Nosferatu» di Robert Eggers il 1° gennaio 2025). Ma è un itinerario d’accurato taglio culturale e contenuti bibliografico-artistici recuperati in 20 biblioteche italiane (di cui sei bresciane, Queriniana in testa) e collezioni private, la mostra «Vampiri. Illustrazione e letteratura tra culto del sangue e ritorno dalla morte» aperta fino al 12 gennaio al Museo Civico di Crema. Prodotta dall’Assessorato alla Cultura cremasco con Aretè e Alla Fine dei Conti, a cura di Lidia Gallanti, Silvia Scaravaggi ed Edoardo Fontana, «presenta – ci spiega Silvia Scaravaggi, responsabile del museo e dei Servizi Culturali del Comune di Crema - quasi 300 illustrazioni, disegni, opere grafiche e libri antichi, ma anche reperti moderni e opere di artisti contemporanei invitati a esprimersi sul tema. È l’ulteriore passo espositivo che da sei anni organizziamo su grafica, libri d’arte e illustrazione: nel 2019 il tema fu Salomè, nel 2021 il Mostro. Figure tra Bene&Male per riflettere sull’Uomo dalla notte dei tempi. Non poteva mancare il Vampiro».
Il mito
E se l’idea del Non-Morto è antichissima, fin dal mito mesopotamico di Lilïtu (Lilith), la parola Vampiro compare nella letteratura europea solo verso il 1730: tra superstizione e religiosità, frutto anche del dare un senso a fenomeni esoterici di (apparente) ritorno dalla morte. Trova lessico – nei Balcani e nell’Europa Sud-Est – in parole come vrikòlakas in Grecia, strigoi in Romania, l’upyr/upior croato, ceco, russo e slavo-orientale antico. E inizialmente il Vampiro è privo di connotazione maschile o femminile (“Carmilla” di Le Fanu è la più storica versione femminile, d’aperto simbolismo di libertà sessuale).
In questo processo di diffusione e affermazione, la figura vampiresca ispira scrittori e artisti figurativi, di cui libri e opere d’arte esposte a Crema danno ampia e documentatissima testimonianza. Se ne scrive in trattati esoterici settecenteschi come «De masticatione mortuorum in tumulis» di Michael Ranfft (Lipsia 1725) o «Dissertazioni sopra le apparizioni de’ spiriti e sopra i vampiri o i redivivi d’Ungheria, di Moravia e di Silesia» dell’abate Augustin Calmet. Ma anche in saggi pseudo-scientifici: «Addirittura – ci racconta Silvia Scaravaggi – personaggi ecclesiastici o studiosi vanno a indagare e/o confutare -: Maria Teresa d’Austria nel ’700 invia il medico Gherard Van Swieten in Serbia a verificare le suggestioni tra quei popoli nelle cui terre il freddo impediva la decomposizione dei cadaveri e quando per superstizione si scoperchiava una tomba, l’integrità corporea alimentava l’idea d’un vampiro».
Nei libri
Il primo racconto moderno con protagonista un vampiro risale al 1816, quando nella famosa notte di sfida letteraria nella svizzera Villa Diodati, mentre Mary Wollstonecraft Shelley scrive «Frankenstein», John William Polidori, medico e segretario di lord Byron, redige «The Vampyre», pubblicato tre anni dopo. Da lì in poi tanti libri narreranno vampirismi: «Lamia» di Keats, «Christabel» di Coleridge, «Vampirismus» di Hoffmann; ma anche opere di Baudelarie, Poe, Le Fanu; Kipling e altri. Il Vampiro più famoso resta però quello di Bram Stoker in «Dracula» (Londra, 1897) di cui Sonzogno pubblica nel 1922 un sunto e solo nel 1945 i Fratelli Bocca l’edizione integrale.
«Esponiamo - sottolinea Scaravaggi - le fonti librarie che Stoker usò per documentarsi e inventarsi a tavolino il romanzo, poiché mai andò in Transilvania».
Tra immagini, volumi in edizione storica, documenti, disegni che per numero e varietà è qui impossibile citare, la mostra è un mare magnum sul tema, di cui dà conto in ben 278 pagine il catalogo (Edizioni Museo Civico Crema, 30 euro). Nel museo e in quelle pagine si naviga con via via più stupefatta fantasia e cognizione. Non senza qualche legittimo brivido.
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