C’è la luce abbagliante del Garda nella cupola del santuario di Pompei

Un’orgia di luci e di colori, la decorazione dell’interno sontuoso del Santuario/Basilica di Pompei culmina nella luce abbagliante dell’Empireo dipinto dal nostro Angelo Landi (Salò 1879-1944) nella doppia cupola all’incrocio del transetto. L’imponente chiesona fu decorativamente frutto del lavoro di così tanti pittori da sembrare un’antologia del figurativo tra Otto e Novecento: dai meridionali Giovanni Rispoli, Vincenzo Paliotti, Federico Maldarelli (1883), Orazio Orazi (1892), al capolavoro del foggiano Francesco Saverio Altamura (Il silenzio di Gesù), ai lombardissimi (anche stilisticamente) Ponziano Loverini (1891) e, appunto, Angelo Landi – al quale dedicai con Barbara D’Attoma una fortunata mostra nel 2006 a Salò e al Vittoriale di Gardone – che lavorò i grandiosi affreschi dall’aprile 1940 alla primavera 1943, con pochi intervalli.
Un lavoro gigantesco
Aveva vinto il concorso per questo lavoro nel 1939. L’impresa del gigantesco, estenuante affresco (interrotto due volte per problemi di salute del cuore) lo porterà ad una forma di esaurimento fisico e psichico e nello stesso tempo gli meriterà giustamente il consolidamento di una fama non più solo nazionale ed il coronamento di una lunga carriera, anche all’estero, a Parigi.
Il fatto è – guardando al forte stacco temporale rispetto ai colleghi ottocenteschi – che tra il tempio tenacemente voluto da Bartolo Longo nel 1873 (consacrato nel 1891) per devozione alla Madonna del Rosario, era stato ampliato robustamente nel 1933-39, e il lavoro del Landi veniva a coronare una situazione più moderna.
La doppia cupola offriva una superficie gigantesca che l’artista riempì di figure di santi, devoti, committenti e personaggi storici insieme ad angeli del cielo, con stile vibrante e moderno, sprezzante a tratti, sempre sostenuto da una verve indiavolata che alterna grandi campiture di cieli percorsi da nubi iridescenti e perlacee, e da vibrazioni cromatiche esaltate dalla forte luminosità della copertura. Il trionfo nel lume soprannaturale della figura della Madonna del Rosario nella cupola superiore emerge da immense campiture di azzurri e beige dorati e rosati il cui profilo inferiore è popolato dalle schiere dei religiosi e dei santi devoti alla pia pratica: qui il Landi sfoggia un’ispirazione superiore di qualità tiepolesca.
Una visita preziosa
Chi sale sulla Circumvesuviana per andare a Pompei Scavi raramente si ferma alla fermata di Pompei Santuario. Ed anch’io, tante volte, avevo seguito questa prassi. In una sfolgorante Pasqua di due anni fa – di luce e di sole ormai primaverile, di fiori gialli e bianchi sbocciati lungo la via ferrata e sul bordo del mare – avendo ormai visitato tutto, ebbi l’idea che si dimostrò vincente, di scendere a Santuario. Fu una vigilia di Pasqua lietissima nel ritrovare l’«amico» artista di vent’anni prima e di godere di una vera e propria orgia di bellezza di opere d’arte sacra, di un’epoca alla quale si unisce invece per solito un pregiudizio che qui viene vinto, di stanchezza d’ispirazione e di accademia.
Ebbi anche la curiosità di salire sull’imponente campanile ricco di statue, dalla cui terrazza là in alto godetti di una vista straordinaria a 360 gradi sulla città moderna, su quella romana (di cui si seguono perfettamente gli scacchieri delle vie perpendicolari meglio che da qualunque altro punto di vista) e l’azzurro profondo del mare luccicante fino alle lontananze delle isole.
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