Argentero: «Narro i tre campioni che fanno emozionare»
Una fiaba letta attraverso gli occhi di un adulto bambino, questo è «Copperman» di Eros Infascelli, con Luca Argentero nei panni di un supereroe che non vola - ma che ricorda un po’ Forrest Gump di Tom Hanks - ma che è uno strumento, secondo il regista, per raccontare un film sulla diversità e sull’omologazione, nei cinema in questo periodo. Luca Argentero domenica alle 18 e alle 21 sarà al Teatro Centrolucia di Botticino (via Longhetta 1) con «È questa la vita che sognavo da bambino?», regia di Edoardo Leo. www.centrolucia.it.
E in aprile debutterà nel biopic «Io, Leonardo» nel ruolo di Leonardo da Vinci, diretto da Jesus Gances Lambert, oggi presentato in anteprima al Los Angeles Italia Festival.
Nelle sale distribuito da Lucky Red e poi su Sky Arte che l’ha prodotto. Abbiamo intervistato l’attore.
Luca, che cosa racconta il monologo che sta portando in tour nei teatri italiani? Tre storie di grandi personaggi dalle vite straordinarie, che vengono raccontati sia dal punto di vista umano che sociale, con attenzione ai tempi in cui hanno vissuto e hanno trionfato. Sono il ciclista Luisin Malabrocca, l’alpinista Walter Bonatti e il campione olimpico Alberto Tomba.
Tre immensi sportivi che hanno fatto emozionare e tifare varie generazioni di italiani. Invece, chi è il suo personaggio in «Copperman»? Interpreto Anselmo, che ha un disturbo legato alla sfera cognitiva, e la sua naturale propensione è fare del bene. È un supereroe senza superpoteri, che mette il cuore in tutto quello che fa e questo lo rende ancora più un eroe.
Indossa una corazza? Certo. Lui è cresciuto fin da bambino con la fascinazione per i supereroi, perché la mamma (Galatea Ranzi), per giustificare che il papà l’aveva abbandonato da piccolo, gli diceva che era in giro per il mondo a salvare le persone in difficoltà, ma, non avendo nessun superpotere, la corazza di rame, che gli costruisce il fabbro del paese, diventa una protezione dal mondo esterno. Non è un’arma in più per sconfiggere i cattivi, gli serve per non farsi male. È la metafora del film: noi spesso indossiamo un’armatura perché non vogliamo farci leggere dentro. Dare vita a un personaggio come questo è una grande sfida.
Come si è preparato? Questo è un ruolo da far tremare, perché il confine tra la farsa e la realtà è molto sottile. Ho avuto la fortuna di avere molto tempo per prepararmi, ho avuto chi mi ha aiutato, perché mi preparo sempre con un insegnante, e poi ho avuto il privilegio di frequentare un’associazione romana che si occupa di ragazzi con disturbi a vario livello dell’autismo, e in scena abbiamo cercato di essere rispettosi della loro realtà quotidiana. Un altro ruolo da far tremare è Leonardo da Vinci... È davvero una sfida complicata: Leonardo parla da dentro il suo cervello, indossa un abito del 1400, una parrucca lunga, per dar vita a una delle menti più fervide e geniali nella storia dell’uomo. Sono orgoglioso del lavoro fatto e spero che possa piacervi. //
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato