«Amazon geniale, ma mi sentivo Chaplin in Tempi moderni»
Ottocentomila dipendenti, tre milioni di venditori attivi sulla piattaforma di e-commerce, un fatturato annuo di 280 miliardi di dollari: sono i numeri strabilianti di Amazon, la struttura commerciale online la cui cultura aziendale, fondata sull’innovazione e l’organizzazione del lavoro, ha ottenuto un successo strepitoso. «Il segreto è quello di un’azienda che offre un servizio straordinario, un’alternativa rispetto ai negozi al dettaglio: Amazon ha fatto del prezzo una delle sue armi ed offre un assortimento che nessun altro ha. Soprattutto è un’azienda molto seria, con una straordinaria efficienza».
A parlare è il manager Martin Angioni (madre tedesca, padre sardo), che per cinque anni è stato un «numero uno» di Amazon. Licenziato in seguito ad un’intervista-gaffe, ha scritto un saggio ch’è anche il romanzo appassionante, dalle origini, dell’organizzazione e dell’espansione di questa azienda in tutto il mondo: «Amazon dietro le quinte» (Raffaello Cortina, 288 pagine, 16 euro; e-book 11,99 euro).
Dott. Angioni: ha considerato che qualcuno potrebbe pensare che lei abbia scritto il libro come una sorta di riscatto da Amazon, dalla quale è stato licenziato per affermazioni non gradite dall’azienda?
Certo, tanto è vero che il libro parte proprio dal licenziamento, per mettere in chiaro come sono andate le cose e liberare il campo da ogni equivoco in merito. Il libro parla di Amazon, ne descrive la cultura e - in modo equilibrato, fattuale - luci e ombre. Non è un libro «a tesi» bensì un tentativo di dare ai lettori gli strumenti per farsi un proprio giudizio su un operatore commerciale con il quale, ormai, quasi tutti - da consumatori - abbiamo a che fare. Secondo me è importante essere consumatori informati e consapevoli.
Quali sono le ombre dietro le quinte?
Da dipendente ho sofferto un’ideologia pervasiva, i principi di leadership, tutta l’organizzazione aziendale, il fatto che ci siano tanti processi formativi che la rendono un macchinone molto pesante. In certi momenti mi sentivo Charlie Chaplin in «Tempi moderni» preso in mezzo a tanti ingranaggi senza controllare niente, al centro di una ruota che gira velocissima. Può essere un po’ alienante, in certi momenti. E mi dicevo: questa azienda così efficiente sta facendo terra bruciata intorno a sé, perché in soli 25 anni è già arrivata a più di metà della dimensione della più grossa azienda del mondo, la Walmart, che però è stata fondata alla fine degli anni ’50.
Una crescita inarrestabile?
Decisamente. Se un domani non ci saranno più alternative ad Amazon, chi ci assicura che continueranno a fare dei prezzi favolosi, a darci un servizio sempre eccellente e a rinnovare senza sosta? Sono domande che ogni consumatore dovrebbe farsi. Perché se tutti concentriamo i nostri acquisti su Amazon, piano piano muoiono tutte le alternative.
Il creatore, Jeff Bezos, è un genio assoluto?
È un genio perché ha creato dal nulla questa macchina straordinaria, qualcosa che non ha eguali nel mondo. Tanto di cappello a questo signore, perché ha fatto una cosa che 25 anni fa era impensabile. Adesso gli standard di Amazon sono i migliori e nessuno riesce neanche ad avvicinarsi ai loro livelli di servizio.
Per i colossi tecnologici si parla spesso di evasione fiscale...
Non parlerei di evasione, ma di ottimizzazione fiscale. Nel penultimo capitolo del libro spiego come i profitti delle società operative sono così poco tassati. La Holding lussemburghese, che riceve royalties dalle società operative per l’utilizzo della proprietà intellettuale (IP, la tecnologia proprietaria sviluppata e brevettata da Amazon) è detenuta da soggetti non residenti, quindi è una società che non è tassata né in Lussemburgo né negli Stati Uniti fintanto che questi utili non vengono rimpatriati. Il tutto alla luce del sole, e la struttura è replicata da tanti altri operatori delle nuove società tecnologiche: c’è chi lo fa in Lussemburgo e chi in Olanda, però sono schemi abbastanza simili.
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