Cultura

Gli «altri libertini» siamo noi: lo spettacolo al Borsoni

Giulia Camilla Bassi
Il testo di Tondelli riletto da Licia Lanera è andato in scena al teatro di via Milano a Brescia per Duende Festival: la recensione
"Altri libertini" chiude il festival Duende
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Un’opera letteraria provocatoria e spudorata, oggetto di critiche e censure sin dalla prima pubblicazione per Feltrinelli nel 1980. «Altri libertini» di Pier Vittorio Tondelli, nella sua trasposizione teatrale scritta e diretta da Licia Lanera, è andata in scena l’altra sera in un Teatro Borsoni gremito, per Duende Festival del Centro Teatrale Bresciano.

Insieme a Lanera – capocomica d’eccezione, già più volte insignita del Premio Ubu – Roberto Magnani, Giandomenico Cupaiuolo e Danilo Giuva hanno dato vita a una rappresentazione intensa che ha saputo toccare profondamente le corde dell’anima, restituendo intatta la poesia cruda e la sensibilità unica di Tondelli.

Tre racconti

Dei sei racconti di cui è composta l’opera, Lanera ne sceglie tre: «Viaggio», «Altri libertini» e «Autobahn», fondendoli insieme fino a creare un’unica narrazione, che intreccia le vicende dei personaggi e quelle di Lanera stessa, sorta di personificazione di Tondelli sul palco.

Ottime le prove attoriali. Cupaiolo conquista applausi a scena aperta in «Autobahn» col suo viaggio alcolico alla ricerca di quell’odorino di Mare del Nord – di libertà e giovinezza – partendo da Correggio lungo «l’autostrada più bella del mondo», quella da Carpi ad Amsterdam. Giuva, in «Altri libertini» mette in scena con un racconto di struggente ironia e dolcezza la storia travagliata tra l’omosessuale Miro e il latin lover lombardo Andrea. Infine, Magnani in «Viaggio» affronta il tema dell’eroina, esplorando il legame con la dipendenza, anche affettiva.

Un ponte generazionale

Una scena di Altri libertini - Foto Manuela Giusti
Una scena di Altri libertini - Foto Manuela Giusti

Scrive Lanera nelle note di regia: «Io e i miei compagni ci siamo messi addosso l’etichetta di altri libertini, vitelloni senza figli, animali notturni, poca grazia nel nostro stare al mondo, bestie solitarie terrorizzati dalla solitudine, incapaci di essere genitori, condannati ad essere eternamente figli, figli dai capelli bianchi, figli coi drink in mano e la droga nel portafogli». Come a tracciare un ponte generazionale tra gli anni Ottanta di Tondelli e i nostri, sottolineato anche dal sound design azzeccato, che apre lo spettacolo sulle note di «Siamo solo noi» di Vasco Rossi, l’eterna anima rock della provincia italiana che un po’ ci racconta tutti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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