Albanese: «Cetto La Qualunque oggi sarebbe un moderato»
No, niente personaggioni dall’ego smisurato, di quelli che bisognerebbe odiarli e, invece, si finisce per farne un mito. «Per una volta ’sti mafiosi li descriviamo come una branca di deficienti e di ignoranti. Come animali infestanti che portano infezioni, rinchiusi in un bunker dove sono costretti a vivere». E, infatti, i mafiosi di Antonio Albanese saranno «I Topi», nella serie in tre puntate in onda da sabato prossimo, alle 21.40, su Rai3 (ma già disponibile in streaming su RaiPlay da dopodomani, martedì 2).
Qualche anticipazione sulla fiction trapela da Lovere dove, ieri, il celebre attore ha incontrato il pubblico di CortoLovere, il festival internazionale di cortometraggi di cui Albanese era, per quest’anno, presidente di giuria: «Devo dire che, anche se amo gli autori con cui ho lavorato sino ad oggi, sono particolarmente fiero di aver scritto e diretto, per la prima volta, un mio lavoro, "I Topi" appunto. È una serie estremamente divertente, incentrata sulla vita surreale di una famiglia di latitanti. Ah, andrà in onda per tre sabati consecutivi e, metto le mani avanti, non c’è alcuna partita di calcio in contemporanea.
Ho imparato dagli errori: una volta avevano organizzato una serata, dovevo leggere "L’Idiota" di Dostoevskij al pubblico. Beh, in sala c’erano dodici di persone, tutte donne. Gli uomini erano incollati allo schermo, c’era la partita inaugurale di non so qualche campionato. Ecco, mai più». Classe 1964, Albanese - che il 15 dicembre porterà a Brescia, al Dis_Play Brixia Forum, il suo spettacolo «Personaggi» - arriva a Lovere e si sente a casa. «Sono nato a Olginate, in provincia di Lecco: per me il lago è come un tatuaggio. Ci ho vissuto, quando vedo uno specchio d’acqua dolce mi commuovo. E infatti a pranzo mi sono mangiato un pesce persico e pure un lavarello». Menù che suscita la curiosità del pubblico, tanto che un fan a fondo sala azzarda una domanda. Risposta: «Come si cucina un lavarello? Sentite qua: lo peschi, lo accarezzi, gli dai una bella spremuta di limone, e te lo mangi direttamente in barca. Oh, guardate che io oltre che attore sono un pescatore eh...».
Consigli culinari a parte, l’incontro - moderato da Gianni Canova, il critico cinematografico che a CortoLovere fa da direttore artistico - si trasforma ben presto nell’occasione per ricordare gli ultimi successi del comico - da «Come un gatto in tangenziale» («Titolo geniale, pensate che avrebbe dovuto chiamarsi "Un amore col botto"») a «Contromano» - per poi riandare a «Qualunquemente»: «Cetto La Qualunque oggi sarebbe un moderato, quasi un gesuita. Appena il film è uscito, era il 2011, ho temuto di aver un po’ esagerato. Invece adesso Cetto è il tizio che incontri mentre sei in fila in farmacia o quello a cui ti sentiresti di affidare i tuoi figli. Chiaro che se dovessi inventare un nuovo personaggio in queste ore, probabilmente finirei in carcere».
Stoccate indirette («Io sto alla politica come Polifemo sta allo strabismo») che strappano applausi al pubblico lacustre: «Ignazio La Russa ha detto che dare a un politico del Cetto La Qualunque è offensivo. Mah. Posso solo dire che Cetto in questo momento è in un centro sociale del Sud America, ma credo possa tornare presto. Ci stiamo lavorando». Ma come? Non gli era sembrato un personaggio esagerato? «Macchè. Perfino l’altro mio personaggio, il Ministro della Paura, al giorno d’oggi sembrerebbe un tenerone».
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