Al MuSa «Contemplazioni: i visionari»
L’arte delirante e visionaria del secondo Novecento approda al MuSa. Ancora una volta - la quarta, dopo «I tesori Nascosti, da Giotto a De Chirico» nel 2016, «Il Museo della Follia» nel 2017 e «Italianissima» lo scorso anno: mostre che sommate hanno contato 100mila visitatori - il direttore Giordano Bruno Guerri e il sindaco Giampiero Cipani hanno affidato al gruppo di Vittorio Sgarbi il compito di animare il museo salodiano, con un evento all’altezza di una città che ha l’ambizione di porsi come piccola capitale d’arte e cultura.
La mostra «Contemplazioni: i visionari» è un susseguirsi di camere delle meraviglie articolato in cinque sezioni, ognuna dedicata a un artista contemporaneo. Il MuSa diventa così il luogo mistico in cui poter incontrare le alchimie di Agostino Arrivabene, il mondo fantastico e indecifrabile di Luigi Serafini, le presenze di Domenico Gnoli, l’aldilà di Cesare Inzerillo e la prorompente ricerca di Gaetano Pesce. Cinque contemporanei (l’unico non vivente è Gnoli) per una mostra che l’assessore regionale alla Cultura, Stefano Bruno Galli, definisce «intensa e suggestiva nelle sue molteplici sollecitazioni estetiche».
«Non c’è altro modo di essere contemporanei - sentenzia Sgarbi - che essere qui e ora. Qui siamo distanti dai modi dell’"arte applicata", questa è "arte implicata", quella in cui entra tutto l’uomo con la sua vita». L’esposizione - con la direzione artistica di Giovanni Lettini, Sara Pallavicini e Stefano Morelli - comincia con le stanze di Arrivabene: «Dipinti colti, seducenti, intrisi di simboli - dice Sgarbi - e ispirati, oltre che dai maestri del XV-XVI secolo, dalla mitologia classica, come testimoniano le opere in mostra, tra cui "I sette giorni di Orfeo", "Nýx", "Athena"».
Varcata una soglia ci si ritrova nel giardino notturno di Serafini (quello della fantaenciclopedia «Codex Seraphinianus») dove, sotto una brillante luna crescente, ci appare, come in un sogno, immersa dal rumore dei grilli, una Persèfone dormiente, la «donna carota» già vista al padiglione di Eataly ad Expo, dove suscitò polemiche e ironie per la sua nudità.
Si lascia il buio della notte e, avvicinandosi alle opere di Gnoli, ci si accosta al segreto delle cose, alla loro essenza. «Gnoli - dice Sgarbi - individua, non diversamente da Morandi nelle bottiglie, e senza alcuna casualità, alcune cose essenziali, come autentici generi di prima necessità, tutti reperibili in un’area domestica. L’universo si può chiudere in una stanza».
In un corridoio tappezzato per l’occasione con carta da parati dal sapore barocco, il siciliano Inzerillo ci mostra, attraverso piccoli oblò, i suoi residui di umanità, accomodati come le persone che furono, nei ruoli che ebbero. Inzerillo porta a Salò una realtà sfigurata dalla morte e dai suoi rituali con figure irreali che sembrano mummie estratte da una catacomba di Cappuccini.
Infine entriamo nell’orbita di Gaetano Pesce, interprete della cultura contemporanea internazionale. Ognuna delle opere in mostra, compreso il mutevole «Profilo di ghiaccio», racconta la diversità di un autore che ha fatto della multidisciplinarietà e del diritto all’incoerenza la traccia del proprio percorso. La Raccolta del Disegno. Scherzando, ma neppure troppo, Sgarbi si è definito il «vero contenuto di un contenitore, il MuSa, che continua ad essere vuoto».
In realtà il museo di via Brunati 9 è in continuo rinnovamento, come dimostra il nuovo allestimento della Civica Raccolta del Disegno, «Face to face» a cura di Anna Lisa Ghirardi, anch’esso inaugurato ieri, una galleria di 25 volti e due sculture che danno vita a una conversazione intima con chi guarda. Per non dire del nascituro museo del Ventennio annunciato da Guerri, il quale, alla luce delle polemiche sulla cittadinanza onoraria a Mussolini, precisa: «Sarà un museo del fascismo, dell’antifascismo e di tutti i fenomeni sociali di quel periodo, senza omaggi o accanimenti».
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