Cultura

Al Film Festival del Garda vincono le Funne e TJ

Hanno fatto centro il racconto delle trentine che sognavano il mare e quello del vagabondo berlinese
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Non è mai troppo tardi per la felicità. I premi assegnati ieri sera dal Film Festival del Garda lo certificano, in chiusura di una decima edizione molto partecipata che ha illuminato gli schermi con film che di certo sedimenteranno nella memoria degli spettatori, anche grazie ai loro protagonisti carismatici. Innanzitutto le anziane signore della Valdaone che non avevano mai visto il mare prima di ritrovarsi coinvolte in un’avventura cinematografica e che hanno garantito alla regista Katia Bernardi la vittoria con il suo «Funne - Le ragazze che sognavano il mare», scelto dalla giuria della critica ponendo l’accento sull’armonia tra cast e soggetto del film, che documenta la realtà assumendo toni da commedia.

Altro protagonista indimenticabile è TJ, solitario vagabondo berlinese filmato da Rocco Di Mento, incuriosito dal vederlo abitare nella sua Chrysler, che ha conquistato la platea gardesana, garantendo al regista il premio del pubblico dedicato al cav. Attilio Camozzi.

I premiati, insomma, sono due film che distillano esistenze concrete, trasformando singoli esseri umani intenti a vivere la propria quotidianità in emblematici «eroi» di storie universali. Opere costituite da poche decine di minuti, che sono entrambe frutto di un lavoro paziente di relazioni: «Il progetto con le donne di Daone è durato quattro anni - rivela Katia Bernardi - e oggi, dopo essersi trasformato anche in un libro, continua a vivere con una pagina su Facebook che conta circa 17mila iscritti. L’eredità più speciale sono i sogni che tanti sconosciuti continuano ad inviarmi via e-mail. Per ora ne ho collezionati 500». E anche a San Felice del Benaco si è vista l’empatia: per «Funne», come per le proiezioni omaggio alla Zefiro Film di Franco e Mario Piavoli, si sono rese necessarie repliche.

Anche Rocco Di Mento, salodiano residente a Berlino, ha trascorso molto tempo con il suo TJ: «L’ho filmato per un anno. Ho capito che è un uomo colto che ha guardato troppo a lungo nell’abisso - spiega il regista -. Con il mio cinema desidero indagare ad ampio raggio le caratteristiche che definiscono l’identità delle persone. Ho iniziato con lui».

Tra i ricordi indelebili dell’edizione conclusa la sigla del Festival animata dalla musicista bresciana Paola Purpura, che omaggia il critico cinematografico «Sancho» Santoni scomparso di recente, e la menzione speciale a «Passeri» dell’islandese Rúnar Rúnarsson, un pugno nello stomaco che evoca l’idea di felicità partendo da lidi molto lontani, per provare a riconquistarla. 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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