Ai piedi della Concarena gli sguardi e i rinnovati colori della Santa Crus
Fortissima, strana, ostinatamente cocciuta. Così Ermete Giorgi, autore teatrale, educatore e decano dei giornalisti camuni, definiva la tradizione decennale della Santa Crus di Cerveno. La Via Crucis vivente messa in scena dagli abitanti del borgo ha origini antiche, pare da fine ’800, e incarna una straordinaria forma di devozione popolare e folcloristica.
Ispirata dalle statue lignee di Beniamino Simoni e della scuola Fantoni nel Santuario delle Capèle al centro del paese, la processione negli anni è diventata un’autentica rappresentazione teatrale, con scenografi e costumisti. «Il mio compito - spiega il regista bresciano Giacomo Andrico, che aveva già diretto l’edizione 2012 - è sfilare una tovaglia da sotto una tavola imbandita, come insegnò il maestro Renato Borsoni. Accompagno senza imporre, ascolto e faccio piccole messe a punto. Non forzo, mai, nulla».
Una riverente discrezione che gli ha consentito di essere prima studiato, poi accolto e infine amato dai cervenesi, estremamente protettivi nei confronti della loro creatura e così entusiasti da averlo confermato alla guida. «Il loro attaccamento è viscerale, affascinante: richiede un ingresso in punta di piedi. Agli ultimi casting la partecipazione è stata altissima, con una certa tensione emotiva».
I protagonisti
Tra i 160 figuranti coinvolti nelle due repliche in programma il 26 maggio e il 2 giugno, il più teso è «il nuovo Gesù», la cui identità resta per ora segreta. «Non lo nascondiamo, ma lo proteggiamo». Dopo le cinque edizioni in cui Cristo è stato magistralmente interpretato da Alberto Guarinoni, oggi 69 anni, c’è stato un passaggio di testimone. «Abbiamo individuato subito il volto perfetto - confida Andrico - e l’attore ha il giusto atteggiamento emotivo. Gli ho lasciato spazio e libertà: so che saprà camminare nelle orme di chi lo ha preceduto».
Ad ogni edizione, al cospetto della Concarena e di un cielo che diventa plumbeo alla crocifissione, si fa carne la capacità dei cervenesi, forse tramandata nei cromosomi, di calarsi nei loro personaggi. Detto alla Stanislavskij, di lasciarsi coinvolgere dal «lavoro d’attore»: vere lacrime, vero orrore, vera sofferenza. Al punto che i ruoli diventano ereditari, con le madri che li tramandano alle figlie e i nonni ai nipoti. «Mi ha colpito una ragazzina - racconta il regista - che mi ha chiesto il permesso di nascondere nel suo costume il fazzoletto della nonna defunta. Salire al "Golgota" è portare con sé il peso dei morti di un decennio, un’ascesa di catarsi. Questa edizione dopo il Covid sarà struggente».
Le novità
Quella targata 2024 non sarà una replica. «Secondo alcuni libri apocrifi, la madre di Gesù è presente fin dall’inizio e non dalla quarta stazione come nei Vangeli. Metteremo in scena la versione alternativa, con il gruppo di apostole e Maddalene che raccolgono il sangue di Gesù e lo seguono fin dalla flagellazione». Tra gli aggiustamenti, anche l’introduzione della scena della costruzione del patibolo della croce.
Nuovi dettagli svetteranno anche negli splendidi abiti di scena ispirati ai protagonisti dei quadri del Pitocchetto, creati nel 2012 da Rossella Zucchi, storica costumista del Centro Teatrale Bresciano mancata pochi mesi fa. «Voluminosi e con i colori tipici del tardo manierismo - spiega Andrico -, sono stati tinti con acqua di fonte e coloranti vegetali, poi stratificati con un effetto velato, ottenuto spruzzandoli con toni complementari». Dopo il restauro delle Capèle del santuario - lunghissimo e magnifico, svelato a febbraio - sono emersi nei personaggi dei colori inaspettati, meno terrosi e ben più vividi. «Abbiamo aggiunto drappi dai colori squillanti, con azzurri inediti e rossi sorprendenti».
L’attualità
Come ogni opera d’arte, anche la Santa Crus è viva e respira le influenze del mondo che ci circonda. Conclude Andrico: «In questi tempi bui e di guerra, anche il Vangelo ci ricorda che dobbiamo rimanere il sale della terra. Vietato essere tiepidi, siamo tutti richiamati alle nostre responsabilità, a cui non ci possiamo sottrarre. Per questo, con l’aiuto dei testi di autori come Pierpaolo Pasolini, Giovanni Testori e Alda Merini, anche la processione di Cerveno si farà spunto di riflessione e risveglio delle coscienze».
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