Cultura

Achille Lauro: «Chiusi dentro al villone per due mesi»

L’artista romano fuori dagli schemi domani firma le copie del disco alla Feltrinelli di Brescia
Angelico. Uno scatto del rapper Achille Lauro, che giovedì sarà in città
Angelico. Uno scatto del rapper Achille Lauro, che giovedì sarà in città
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Il rapper romano Achille Lauro, al secolo Lauro De Marinis, firmerà le copie del suo nuovo album giovedì 5 luglio alla Feltrinelli di corso Zanardelli.

Un album che, per altro, sta andando anche a gonfie vele, visto che «Pour L’Amour», uscito per Epic, è entrato al quarto posto della Hit Parade. Ormai si tratta di un’invasione di (t)rapper, sempre più forti commercialmente e sui social.

Tra modelli glam e la fuga dalle mode trap, però, Achille Lauro guarda al futuro proprio in «Pour l'amour», nuovo album uscito lo scorso 22 giugno. Non un semplice seguito del precedente lavoro «Ragazzi madre», come ha spiegato Lauro De Marinis a Milano, in sede di presentazione: «Lo abbiamo concepito diversamente, non tutto in studio, ma come si faceva negli Anni 70. Abbiamo preso un villone e ci siamo chiusi lì per due mesi con tre studi, 15 persone, 10 kg di marijuana, e almeno 150 persone sono passate di lì: ne sono uscite canzoni sufficienti per tre dischi, questo è il primo della trilogia».

Questo primo capitolo ha per filo conduttore l’amore, come traspare dal titolo che Lauro ha tatuato sul volto: un amore che è dipendenza e viaggio nell’apertura samba-elettronica «Angelo blu» con Cosmo, amaro nella danzereccia «Mamacita», tormentato nella chiosa pianistica «Penelope».

In mezzo, tra metafore ardite, rime tronche e nomi di brand usati come mantra, Lauro parla di droga in «Burro e marmellata» o elogia le differenze in «Non sei come me». Significativo il contrasto delirante tra ricchezza e miseria di «Bvlgari», che l’artista canta giocando in modo ambiguo tra voce maschile e femminile: «Racconta un mondo sfarzoso come un’illusione, un sogno ispirato ai Casamonica, con paillettes e rose lanciate da un elicottero. Non ho scelto i soliti esempi di gangster perché il gangsta rap mi imbarazza, e poi siamo romani - spiega, intervenendo sulle polemiche per le parole di Salvini sui rom -. Il razzismo comunque è una stronzata, per noi viene prima di tutto il rispetto delle diversità e della libertà. Ma separiamo l’arte dalla politica».

Nelle produzioni di Boss Doms, tra techno e afrotrap, fino al funk carioca e la salsa confluite nell’etichetta «sambatrap», l’obiettivo è creare «una musica che non esiste», non priva di divertissement come l’interpolazione di «Maria Maria» di Santana in «Purple Rain» con Gemitaiz.

Il rapper romano è ospite anche della rilettura «Thoiry rmx» con Quentin40 e Puritano, alcuni dei molti featuring come Gow Tribe, o Clementino e Rocco Hunt nell’ultimo singolo «Ammò». Le ispirazioni avulse dalle mode rivelano anche un legame speciale con il passato, evidente fin dalla copertina che cita Bowie e «Velvet Goldmine»: «Andando nella villa non ci siamo recati in un luogo, ma in un tempo, il 1969. Per noi la vera musica è più nel vecchio che nel nuovo. Ci stiamo spostando da un sound suonato con il computer a strumenti veri».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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