Cultura

Abbiamo ascoltato in anteprima il nuovo disco di Auroro Borealo

L'album del musicista bresciano si intitola «Adoro Borealo» ed esce l'1 aprile: ecco le impressioni dopo il primo ascolto
Auroro Borealo, con il collare bianco, assieme ai Capelli lunghi dietro
Auroro Borealo, con il collare bianco, assieme ai Capelli lunghi dietro
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«Guarda, puoi recensirlo tranquillamente perché stavolta non ci sono parolacce», scrive Auroro Borealo, l’unico cantante composto al 20 per cento da messaggi su WhatsApp, al 50 per cento da storie e post su Instagram e per il resto da musica. Raccolta, adesso, in un secondo album in uscita il prossimo 1 aprile e intitolato «Adoro Borealo» che abbiamo ascoltato in anteprima per capire se ne vale la pena. E la risposta è sì: ne vale la pena.

Partiamo dalle parolacce, praticamente assenti. Lo consideriamo un primo segno di maturità, in un certo qual modo, nel senso che non bisogna essere sboccati per farsi notare, anzi. Lo consideriamo anche frutto del fatto che tra gli ospiti del disco c’è la mamma del musicista bresciano, ormai da tempo stabile a Milano, e quando c’è di mezzo la mamma si sa che uno tende a contenersi.

 

La copertina del disco Adoro Borealo
La copertina del disco Adoro Borealo

 

A parte ciò, i pezzi sono undici e sono molto vari, praticamente attraversano ogni genere tranne la trap. Non per un vezzo stravagante, ma per concentrare tutte le influenze e ispirazioni che hanno contribuito a creare l’immaginario aurorale. Si parte con il punk del brano «Di cosa parlano i miei testi», featuring Carlo Pastore, in cui Auroro spiega che le sue canzoni riguardano «elfi, draghi, spade, solite cose insomma», per poi passare alla disco music di «Atti pubblici in luogo osceno», con ospiti i veneti Diva, cioè il racconto di una serata tra i vari mostri da locale notturno, «20 Euro con Rsvp/Drink escluso, eccoci qui/Bouncer total look marò/Le tipe in fila: "Siamo in lista!", No».

 

Francesco Dioni (basso)
Francesco Dioni (basso)

 

Poi è il turno dei ritmi in levare di «Polpette Reggae», featuring Angelica, in cui ci pare di intravedere una storia d’amore giunta alle battute finali, tanto che è arrivato il momento di disdire l’abbonamento a Sky. Il brano successivo, «Venezia è una città bellissima (ma non ci vivrei mai)» vede alla voce Johnson Righeira, proprio lui, ed è una sorta di rondò veneziano con una serie di cartoline dalla città lagunare, in cui «l'orizzonte mattutino sembra una sciarada/siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le borse di Prada». In «Pomeridiana» la situazione diventa languida e la noia post prandiale («Pomeriggio sei spaziale/Il riscaldamento globale/Pomeriggio marchi male/Wanna Marchi sul canale») diventa l’occasione per il ritorno dell’amore dopo le precedenti sofferenze, non a caso con Annie Mazzola si canta «ci diamo dei baci all'americana/Il cane di Jones si chiamava Indiana/Io sono il califfo e tu sei la sultana».

 

Luca Brazzi (batteria)
Luca Brazzi (batteria)

 

Ok, siamo a cinque pezzi e non ce n’è uno debole, anzi. Tutta questa varietà non potrà che giovare nei concerti del nuovo tour, in partenza il 6 aprile da Prato. La cura degli spettacoli, dietro l’apparente vena sgangherata, è d’altro canto uno dei segreti che ha portato Auroro Borealo e la sua band, i Capelli lunghi dietro, a espandere il proprio pubblico negli ultimi due anni.

 

Le date del tour di Auroro Borealo
Le date del tour di Auroro Borealo

 

«Avrò sbagliato qualcosa» torna ad esplorare i territori punk con un’ospitata a tema, cioè i Punkreas, e un’energia da pogo e stage diving, pratica in cui il nostro eccelle. Subito dopo il sound si fa brasileiro con la mamma di Auroro che canta «Mio figlio è ipocondriaco», cosa peraltro verissima, passandone in rassegna le nevrosi: «Crescere un figlio, gli anni '90/Non sono una donna, sono una santa/Mestiere di mamma, fatica e passione/Vederlo che vola come un aquilone/Poi a un certo punto l'ansia arriva/Io non so come fino a ieri dormiva/La mucca pazza, le torri gemelle».

«Urlando Ctrl-C», con Greg Dallavoce, promette di diventare un singolo intriso di rock classico, dedicato ai «professionisti nel settore dei media/Tuo padre non capisce ma è solo invidia/Professionisti nel settore dei media/Tua nonna pensa che scaldi la sedia», mentre il romanticismo di «Sessone», con Ruggero de I Timidi, è da accendini accesi, o lucine dei cellulari che fa lo stesso. «Gli occhi del mio ex», con Ariele Frizzante, è un soul funk che trascina in mezzo alla pista, con promesse tipo «ti porto a cena da Gennaro in tangenziale/Quattro Gin Tonic sette amari e andiamo su», e poi si arriva alla superchicca finale di «Stay Hungry, Stay Foolish, Stay Home», con Gianfranco Manfredi che fa uno stupendo ritratto dei giovani d’oggi, che «hanno in media quarant’anni» e «nascono single, restano single, ma si sposano coi loro genitori finché morte non li separi». Sulla base jazz, suonata dal pianista Giovanni Guidi e dai bresciani Giulio Corini (contrabbasso) ed Emanuele Maniscalco (batteria), scorre un testo così bello che meriterrebbe ulteriori citazioni, quindi lo facciamo, ma non prima di avervi detto che «Adoro Borealo» è stato prodotto allo Studiozinghi di Brescia da Greg Dallavoce (in arte Macareno) e Luca Brazzi (Siberio), rispettivamente chitarra e batteria dei Capelli lunghi dietro, in cui militano assieme a Francesco Dioni (Galassio). Auroro Borealo canta, suona varie cose e allestisce il tutto tipo impresario/regista, con vari ospiti tra cui Michele Marelli, batterista di Bugo. Il disco, masterizzato da Leo Magnolfi all'El-Sop di Firenze, è stato realizzato con la collaborazione di Diego Rossetti dello studio La casa di Caino.

 

Auroro Borealo e Greg Dallavoce, alias Macareno
Auroro Borealo e Greg Dallavoce, alias Macareno

 

Infine, come promesso, ecco la fine della recensione con altri brani del testo di «Stay Hungry, Stay Foolish, Stay Home», sui giovani d’oggi.

«Uno su due è vittima di bullismo, l'altro dev'essere un bullo, altrimenti la statistica non si spiega. Chi si bullizza da solo dà prova di una certa autonomia. 
I giovani d'oggi si dividono tra nerd e sud, tra hipster e ovest, vai a trovare l'orientamento. 

Ci sono gli young adults, gli adults young, i forever young, fatto sta che nessuno riesce a raggiungere l'età pensionabile. (...)

I neet non studiano e non lavorano e chiamali fessi. I Co.co.pro. si sentono fessi anche per via del nome. Lavoraci tu in un pollaio a progetto. Il progetto lo capisci solo quando ti ciulano le uova. (...)

I giovani d'oggi vanno al concerto, pagano il biglietto e cantano loro. C'è dell'autolesionismo in questo. (...)

I giovani d'oggi alla fine della fiera sono come quelli di ieri e come quelli di domani. Non fanno in tempo a capire cosa voglia dire essere giovani che sono già invecchiati. I vecchi di oggi sono i giovani di ieri, i giovani di oggi sono i vecchi di domani. La parola giovani è diventata vecchia. Nessuno vuole essere vecchio, ma ci tocca, ci tocca. Chi sono i vecchi? Perché non ce lo spiegano prima?».

 

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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