Cultura

9 libri consigliati dalla redazione del GdB per dicembre

Se siete incerti su un regalo di Natale, i libri sono sempre una buona opzione. Qui alcuni apprezzati dai redattori e dalle redattrici
I libri sono uno dei regali che a Natale non manca mai - Foto Mel Poole / Unsplash
I libri sono uno dei regali che a Natale non manca mai - Foto Mel Poole / Unsplash
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I libri sono un regalo classico da far trovare sotto l’albero di Natale, un po’ come i pigiami, le tazze e l'immancabile paio di guanti o berretti. Possono però essere sempre tutti molto graditi, se scelti in un certo modo e pensati per la persona a cui li si sta regalando.

Di libri ce ne sono tantissimi, ovviamente, e non è facile orientarsi anche fra le ultime uscite (sono tantissime pure quelle). Per questo vi proponiamo 9 titoli che sono piaciuti ai redattori e alle redattrici del Giornale di Brescia: troverete le novità, ma anche libri più datati. Come al solito, i generi sono dei più svariati, quindi potrete scegliere tra romanzi, gialli, libri per bambini, storie vere e saggi. 

Se nessuno di questi vi convince, potete sempre ridare un’occhiata ai libri che avevamo consigliato a novembre o nei mesi scorsi

Per le vostre proposte e suggerimenti, scriveteci qui.

Intanto buone feste, ci risentiamo a gennaio!

«La città degli orsi»
di Fredrik Backman

La copertina di La città degli orsi
La copertina di La città degli orsi

(Mondadori, 2018, pp. 456, 20 euro, ebook 9,99 euro)

Fredrik Backman è un nome ancora non notissimo nel panorama italiano. Eppure dal suo «Gli ansioni» è tratta una serie in onda su Neflix, mentre la superstar Tom Hanks è protagonista del film «Non Così Vicino», trasposizione del romanzo «L'uomo che metteva in ordine il mondo» e atteso al cinema nel febbraio 2023. Quindi per leggere in italiano «The Winners», recentissimo bestseller dell'autore svedese e conclusione della bellissima trilogia di Beartown, bisognerà attendere data da destinarsi. A meno che si voglia optare per l'edizione in inglese, pubblicata lo scorso settembre.

Chi volesse iniziare a familiarizzare col mondo di Backman, può però cominciare da «La città degli orsi» (Mondadori, 450 pagine), romanzo del 2016 che apre la serie e che è stato seguito, l'anno successivo, da «Noi contro di voi», pubblicato sempre da Mondadori. E allora benvenuti a Björnstad, un posto da niente nel mezzo del niente. Le fabbriche chiudono e le case si spopolano mentre i boschi, gli orsi e la neve tengono in ostaggio per mesi chi resiste in quello sputo di città nel nord della Svezia.

Ma gli abitanti di Björnstad hanno una cosa che gli altri non hanno: una squadra di hockey come non si vedeva da anni e che è a una passo dal vincere il titolo nazionale. E questo basterebbe a cambiare tutto. Perché a Björnstad l'hockey non è solo un gioco, ma il metro su cui si misurano le esistenze dei singoli e dell'intera comunità.

Carriere e famiglie, violenza e segreti, figli e amicizie, giovani e vecchi, politica e amore: tutto a Björnstad ruota attorno a quel disco che schizza impazzito su una lastra di ghiaccio. Come fanno le nostre esistenze quando impattano, in qualcosa che è più grande di loro.

(Ilaria Rossi, redazione Cronaca)

«Una volta sola»
di Mario Calabresi

La copertina di Una volta sola
La copertina di Una volta sola

(Mondadori, 2022, pp. 171, 18 euro)

Mario Calabresi è un nome noto per svariate ragioni. Già direttore di Repubblica e de La Stampa, oggi a capo di Chora Media, ha scritto numerosi libri che probabilmente molti di voi hanno letto o almeno sentito nominare, come «Spingendo la notte più in là», «Cosa tiene accese le stelle», «Quello che non ti dicono». Meno conosciuta, forse, è la passione autentica di Calabresi per le storie, la sua inesauribile ricerca per i dettagli intimi e umani, «che rendono i racconti vivi e memorabili». Lui racconta di aver imparato questo succo narrativo da un professore di storia dell’arte dell’università, uno dei protagonisti di «Una volta sola», l’ultimo libro di Calabresi dedicato alle storie di chi ha avuto il coraggio di scegliere. È un libro che nasce dal bisogno di indagare l’importanza di fare scelte, appunto, ma anche di riconoscere l’impronta che gli altri lasciano su di noi. 

C’è Rachele, che chiede a Calabresi di raccogliere i suoi vocali per farne un diario da lasciare ai suoi figli quando lei non ci sarà più, c’è Claudia che si ribella al marito camorrista, Corso che partiva per viaggi sempre all’avventura, ci sono i due fratelli uno che ha fondato una ong in Africa e l’altro che ha ucciso un uomo per le Brigate Rosse, c’è Sami che ancora risponde agli orrori subiti tenendo alta la memoria. Una domanda sembra attraversare le 14 storie raccolta in «Una volta sola»: in questo caos mutevole e a volte così drastico da parere insensato che è la vita, cosa resta che abbia senso? La risposta di Calabresi mi ricorda quello che scriveva Etty Hillesum: «Si vive una volta sola e non bisogna sprecare un solo istante. Bisogna essere fedeli a se stessi, fare scelte coraggiose e appassionate e vivere con intensità. Regalandosi, ogni giorno, la possibilità di scegliere. Anche quando sembra impossibile».

Ps: Calabresi sarà a Brescia martedì 20 dicembre alle 18 alla Chiesa di San Cristo in via Piamarta 9 per parlare di Una volta sola. L'incontro è aperto a tutti e tutte.

(Laura Fasani, redazione Web)

«Un Natale eccitante e altri racconti»
di Arthur Conan Doyle

  • La copertina di Un Natale eccitante
    La copertina di Un Natale eccitante
  • La copertina di Un Natale eccitante
    La copertina di Un Natale eccitante
  • La copertina di Un Natale eccitante
    La copertina di Un Natale eccitante

(a cura di Franco Lonati, illustrazioni di Maria Lojacono, collana Parola dell'Arte, Morcelliana, 2022, pp. 180, 20 euro)

La prima cosa che attira il lettore è la copertina, con quell'accenno del titolo a «Un Natale eccitante» e con l'illustrazione che mostra un elegante omino con la bombetta e gli occhiali, la sciarpa rossa al vento e le caviglie filiformi, che regge una provetta - è di certo uno scienziato - da cui esce una maxinuvola azzurra che dilaga per mezza pagina. La grazia delle illustrazioni della bresciana Maria Lojacono accompagna il lettore alla scoperta di cinque racconti natalizi del padre di Sherlock Holmes, proposti nella accurata e divertita traduzione di Franco Lonati, docente dell'Università Cattolica. Una piccola strenna allegra e avvincente, che fa tornare ragazzi anche gli adulti che si avventureranno nella lettura e che - tra disegni e parole - strapperà più di un sorriso.

(Paola Carmignani, redazione Cultura e Spettacoli)

«Niente di vero»
di Veronica Raimo

La copertina di Niente di vero
La copertina di Niente di vero

(Einaudi, 2022, pp. 163, 18 euro, ebook 9,99 euro)

Non c'è bisogno di scomodare Philip Roth, come fa qualcuno, per definire «Niente di vero», il romanzo con cui Veronica Raimo ha vinto il Premio Strega Giovani. Perché questo libro non ha il respiro di quelli del celebre e celebrato scrittore americano, ma brilla di una certa luce propria. Non è un'opera scabrosa come forse vorrebbe, ma nemmeno la copia sbiadita di un modello altissimo. E' altro anche rispetto al romanzo di formazione (al femminile) sotto la cui etichetta è troppo facile classificarlo. E non per la costruzione ardita e il linguaggio tutt'altro che convenzionale, che nulla tolgono all'etichetta. Il fatto è che Veronica Raimo, procedendo in molte direzioni diverse ma senza mai perdere di vista la meta, ci conduce infine alla maturazione della protagonista-io narrante e insieme a una riflessione sul raccontare. Sulla memoria, sull'invenzione. Sul sabotaggio della realtà da parte di chi narra una storia. Atti di questo sabotaggio si svelano in vari punti del testo, e convergono nelle pagine finali, laddove s'intravede una sorta di onesto manifesto letterario. Quel «niente di vero» del titolo che però è impastato di vita, e dunque una sua verità ce l'ha.

(Francesca Sandrini, redazione Cronaca)

«Amy Foster»
di Joseph Conrad

(traduzione di Susanna Basso, Anna Nadotti, Einaudi, pp.72, 12 euro)

«Non vivere fra la tua gente o nella tua lingua significa essere sempre altrove» commenta Hisham Matar, scrittore libico nato a New York, figlio di una famiglia in esilio. Nel saggio introduttivo di Amy Foster, racconto breve di Joseph Conrad, si specchia nello scrittore polacco che scrive le sue lettere private in francese e i suoi capolavori in inglese.

Matar ha scritto dieci delle 65 pagine della novella conradiana «Amy Foster» appena ripubblicata da Einaudi.

Conrad e Matar hanno la migrazione nel loro destino. Il primo nacque nell’attuale Ucraina, allora regno di Polonia. Da giovane se ne andò per mare e, dopo vent’anni, si stabilì in Inghilterra. Matar ha invece vissuto una vita facendo la spola tra New York e Tripoli. Entrambi avevano il padre dissidente e per questo perseguitato. Entrambi, osservando la marea, sanno cosa si può riversare sulla spiaggia.

Nel suo racconto di terra e di mare, opera breve dal respiro lungo e universale, Conrad parla della nave dei migranti. La vide capovolgersi alle prime luci dell’alba sulle coste dell’Inghilterra, vide il relitto prendere il largo. Poi, vide alcuni cadaveri galleggiare. Altri, come quello di una bambina piccola, bionda, con indosso un abitino rosso, arrivare fin sulla spiaggia.

«Poi si videro sagome scure dalle gambe nude tra le capriole della schiuma, e uomini rudi, donne dai volti chiusi venivano intanto trasportati rigidi e grondanti su barelle, stuoie, scale a pioli in lunga processione, per essere composti in fila sotto la parete nord della chiesa. Se ne salvò uno solo, un naufrago venuto da lontano. E non morì per la fame, né per una violenza, ma per il sospetto e la paura che generava negli altri, anche nei più istruiti, perfino nei più buoni, ai quali tuttavia causava «il terrore di un'estraneità indecifrabile».

Potrebbe accadere oggi. Quell’uomo, Yalko, lascia il suo villaggio nei Carpazi e la sua numerosa famiglia per andare a cercare fortuna in America. Il sogno americano, quello di un luogo dove le paghe sono generose e l’oro è a portata di mano. Un sogno contemporaneo. Il padre vende animali e terra agli usurai per pagare il biglietto a quel figlio che in America farà fortuna per tutti.

In cambio Yalko viene alloggiato in una cassa in stiva e non vedrà mai il mare finché la carretta speronata non ci affonderà. Sospinto a riva, coperto di fango, lo straniero viene scambiato per un animale, un alieno, un pazzo. Frustato dagli uomini, preso a sassate e deriso dai bambini. Non sarà mai simile agli altri. Mai. Nemmeno quando sarà pulito e dimostrerà di saper lavorare. Resterà diverso perché parla un’altra lingua. Guardato con sospetto anche quando mangia (ma come mangia?), quando prega (ma chi pregherà?), quando parla (cosa dice?). Non comprendere la lingua dell’altro significa spesso fraintendere. E, quindi, alimentare quella paura e quel terrore che trovano culla in quella “estraneità indecifrabile” che Conrad ha descritto magistralmente in una delle sue migliori opere brevi. Parole che segnano il legame con la famiglia, la tradizione, la patria vengono percepite come pietre lanciate contro cancelli che si chiudono e menti che si rifiutano di aprirsi.

Per andare oltre serve il cuore. Si era illuso, Yalko, che quella ragazza bruttina che gli aveva dato un pezzo di pane fosse in grado di andare oltre. Sì, certo, era diventata sua moglie, madre di suo figlio. Poi, anche lei lo respinge perché quelle parole pronunciate in una lingua sconosciuta sono fonte di sospetto, di paura, di terrore. Conrad afferma che la compassione si basa sulla capacità di immaginare l’altro. Perché non basta la ragione per accettare e capire vite che non sono la nostra.

(Anna Della Moretta, redazione Cronaca)

«Nero Marsiglia»
di René Frégni

La copertina di Nero Marsiglia
La copertina di Nero Marsiglia

(traduzione di R. Poletti, Meridiano Zero, 2007, pp. 160)

Chi ama e ha amato Jean-Claude Izzo ancora non ha metabolizzato, dopo quasi 23 anni, l'ingiustizia, letteraria oltre che umana, della sua morte prematura. Consolazioni di carta e inchiostro, restando dalle parti della sua Marsiglia, se ne trovano poche. Ci si può struggere di biografie (su tutte quella di Stefania Nardini, «Jean-Claude Izzo, storia di un marsigliese», edizioni E/O), coccolarsi con qualche guida alla città (come la recente «A Marsiglia con Jean-Claude Izzo: essere per, essere contro» di Vins Gallico, Giulio Perrone Editore), rituffarsi nella rilettura compulsiva della trilogia di Montale o di «Marinai Perduti» («Il sole dei morenti», che sa essere straziante, di conforto non può offrire granché). Oppure si può tentare la via di quegli scrittori che di Izzo furono amici in vita e di lui divennero involontari epigoni dopo la scomparsa. Sia chiaro, non esiste una vera e propria scuola marsigliese e figlia di Izzo. Ma quelle atmosfere intrise di rumori del Vieux Port, profumo di bouillabaisse (e pastis) e di mistral che spazza le isole Frioul, si possono ritrovare almeno in parte nei romanzi di René Frégni. 

«Nero Marsiglia» è forse quello più propriamente (nome omen) aderente all'idea di noir mediterraneo. Un postino vedovo che vive solo per la figlia di sette anni vede stravolta la sua vita dal rapimento di quest'ultima. Gli amici di infanzia, un boss appena uscito di prigione e una prostituta considerata una azzurra mascotte dai tifosi dell'Olimpique, lo aiutano in una caccia che rivela volti ignoti di una Marsiglia oscura e terribile. È una storia colma di dolore, ma pure di umanità, incontrata talvolta dove meno la si cercherebbe. Lo stile è essenziale ma capace di lirismo, la parola scavata, l'impronta di realismo acuita dalle confidenze criminali acquisite dall'autore (in gioventù arrestato per diserzione) attraverso il confronto con i detenuti del carcere delle Baumettes, ai quali teneva corsi di scrittura. Il romanzo è del 2000, l'anno della morte dell'amico e celebre scrittore. A lui, Frégni dedica il libro: «A Jean-Claude Izzo, abbattuto da due stecche di sigarette in pieno petto».

(Gianluca Gallinari, vicecaporedattore)

«Ideologia»
di Carlo Galli

La copertina di Ideologia
La copertina di Ideologia

(il Mulino, 2022, pp.164 , 13 euro, ebook 9,49 euro)

Ma chi l'ha detto che le ideologie sono finite? Sicuramente non il filosofo della politica Carlo Galli, che vanta una lunga e proficua carriera da accademico all'Università di Bologna e una fugace esperienza parlamentare nella XVII Legislatura. Il suo ultimo lavoro è «Ideologia» per la collana «Parole controtempo» de il Mulino con cui ha pubblicato svariati volumi tra cui «Sovranità». Le ideologie sono l'espressione del pensiero politico moderno e Galli ci spiega come si sviluppa il concetto e come l'ideologia è cambiata tra costruttiva e distruttiva, ordinativa e affermativa. L'ideologia è stato un tentativo di rispondere alle crisi, ma oggi sono mutate.

Il problema oggi è che i partiti, che nel corso del XX secolo sono stati i principali veicoli dell'ideologia, hanno ormai sfumato questo ruolo perdendo il proprio baricentro ideologico e sviluppando maggiormente ed in maniera più effimera il fronte della comunicazione come effetto anche dell'ultima grande ideologia, il neoliberismo e la globalizzazione. In questo processo le ideologie ne sono uscite ridimensionate, quasi sfigurate. Non sono più totalizzanti, ma sono quasi ideologie che afferiscono a gruppi più ristretti e con una forte valenza identitaria: in primis il populismo e il sovranismo. Ma anche il politicamente corretto va considerato una quasi-ideologia che si traduce in micro-ideologie che hanno tutte come obiettivo la politicizzazione dei diritti individuali e la neutralizzazione del potere e del dominio, l'apoteosi è la cancel culture con la pretesa di una giustizia riparatrice; autonomo ma collegato al politicamente corretto è l'ambientalismo dei Fridays for Future. Non solo in questa fase storica alla luce degli sconvolgimenti geopolitici assistiamo all'emergere di quasi-ideologie come l'atlantismo o l'europeismo. Le nuove ideologie sono come le onde del mare: «smuovono la superficie, ma non scendono in profondità». Ci convincono, in maniera fittizia, che ci stiamo appropriando del nostro destino.

(Carlo Muzzi, vicecaporedattore)

Per i piccoli

La danza del topino della foresta
di Pirkko-Liisa Surojegin

(traduzione dal finlandese di Cristina Casaburi, Iperborea, 2022, 15,50 euro - dai 3 anni in su)


Un libro per gli imbronciati, per dare una svolta a quelle giornate iniziate col piede sbagliato. La danza del topino della foresta è la medicina contro il cattivo umore che impedisce di godere dei momenti in compagnia delle persone più care.

Tra i colori e i profumi del bosco d’autunno una combriccola di animali raccoglie funghi per preparare una deliziosa zuppa. Il cesto è colmo: il tasso, la volpe, la lepre sono stanchi, ma felici. Tutti, tranne il topolino, che di funghi non ne ha raccolti e non si accontenta del pensiero di una cena prelibata. Si sente triste e inutile.

Gli amici accolgono le sue emozioni, gli lasciano il spazio ed è allora che, inconsapevolmente stimolato dalla natura, il topino scopre il suo talento: è un talentuoso ballerino! La danza coinvolgerà anche gli altri animali della foresta, tornati a cercarlo perché la zuppa è ormai pronta. Tra foglie, profumi e balli, a tutti torna il buonumore.

(Giovanna Zenti, redazione Web)

«Il piccolo Lord»
di Frances Hodgson Burnett

(Crescere Edizioni, 2012, pp.160, euro 4,90)

Il telespettatore italiano incallito – e qualche nostalgico – sa che arriva Natale quando in programmazione vengono messi quelli che sono ormai considerati cult, da «Una poltrona per due» a «Mamma ho perso l’aereo», aggiungendoci le commedie nostrane dei Fratelli Vanzina con Massimo Boldi e Christian De Sica. Bene, a tutto ciò va aggiunto «Il piccolo Lord», pellicola del 1980. Il preambolo per arrivare all’omonimo libro dal quale il film è tratto, scritto da Frances Hodgson Burnett quasi un secolo prima, nel 1885. La storia è quella del piccolo Cedric, il quale vive negli Stati Uniti con la madre, finché non si trova catapultato nell’Inghilterra dell’Ottocento erede del nonno Conte Fauntleroy, del suo titolo e delle sue immense fortune. Un nonno con il quale dovrà vivere ma che allontanerà il piccolo Lord dalla madre. Ma il giovane dal cuore d’oro riuscirà a lenire la durezza del Conte e, dopo alcune peripezie, la storia avrà il suo lieto fine. Un libro che tutti possono leggere e rileggere, ad ogni età: una storia universale di bene che insegna come i più piccolo possono cambiare i più grandi. Quel libro al quale ci si affeziona – magari non solo perché regalato da un amico o da una persona cara - e che, per affetto, sta benissimo, nella libreria, vicino a «Il Piccolo Principe».

(Fabio Gafforini, Teletutto)

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