Cultura

Tarantino come possibile ambasciatore dei poliziotteschi bresciani

Il regista che sarà a Brescia il 6 aprile è un cultore del genere che negli Anni Settanta ebbe per set anche la Leonessa
Il regista Quentin Tarantino in una delle sue precedenti visite in Italia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il regista Quentin Tarantino in una delle sue precedenti visite in Italia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Cinema pop e d’autore. Ma anche pulp e sentimentale, con una vena storica pronta ad affiorare. Quentin Tarantino - che sarà a Brescia il prossimo 6 aprile - è un domatore di categorie opposte, che riesce a pacificare fino a farle convivere nelle sue opere. Parte del segreto di questa delicata alchimia è, di certo, la dote di saper costruire sceneggiature progettate come marchingegni ad orologeria. Un approccio intellettuale, al quale si affianca una passione cinefila alimentata con onnivora curiosità.

Tra marchio di fabbrica e remix

Questo ventaglio di caratteristiche variegate, ha trasformato la sua firma in un brand. Un vero e proprio marchio di fabbrica, che si traduce - fino a farsi emblema di un modus operandi - nella definizione «alla Tarantino», croce e delizia che aleggia in sovrimpressione a partire dalle aspettative per le sue produzioni, fino a rivelarsi commento lusinghiero tuttavia spinoso per i cineasti suoi estimatori, sempre in guardia per timore d’essere considerati emuli, destinati al ruolo di allievi.

Del resto non dev’essere stato facile nemmeno per il giovane Tarantino - partito da commesso di una videoteca per scalare la piramide del successo hollywoodiano - risultare originale e trovare uno stile personale facendosi al contempo portabandiera dell’attitudine al remix tipico della postmodernità.

Assodate la sua grande preparazione tecnica e una conoscenza enciclopedica della storia del cinema, l’elisir magico per rimescolare tutti gli ingredienti e trarne una ricetta innovativa, è stato di certo l’atteggiamento energico, iperattivo, capace addirittura di eccessi da rockstar, con il quale ha perseguito i propri obiettivi, ritagliandosi uno spazio nell’olimpo della settima arte.

Sarà sfizioso veder deflagrare tutto il suo impeto nella cornice prestigiosa del Teatro Grande, certi che l’inclinazione alle sperimentazioni del personaggio riserverà sorprese memorabili, coniugando le spinte più cinefile - a partire dal suo saggio «Cinema Speculation» - con l’amore per l’intrattenimento che lo ha già reso più volte detonatore per la riscoperta di attori, autori e produzioni italiane.

Quei poliziotteschi «made in Brescia»

E c’è da scommettere sull’accendersi dell’interesse del regista americano per i poliziotteschi girati a Brescia negli anni Settanta, di recente riscoperti dall’Associazione Nazionale Polizia di Stato, come «La polizia sta a guardare» di Roberto Infascelli e «La polizia chiede aiuto» di Massimo Dallamano, così come sul ritrovamento di una pellicola inedita negli archivi della scuola Pol.G.A.I. «113 risponde» di Achille Rizzi, del 1977.

Insomma, se già l’approdo a Brescia di Tarantino mette euforia, la speranza è che la sua indole intraprendente venga stimolata dai tesori cinematografici nascosti della nostra città, nell’ottica di una futura valorizzazione internazionale.

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