Cultura

Rane, smeraldi, un mago e i libri consigliati dalla redazione per ottobre

C'è «A chi smeraldi e a chi rane» di Bianca Pitzorno, uscito l'11 e letto in anteprima. Poi, altri libri che sono piaciuti al GdB
È iniziato l'autunno: ecco i libri consigliati per questo mese
È iniziato l'autunno: ecco i libri consigliati per questo mese
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Tartarughe, rane, gatti che rispondono al telefono. Ma anche Jung nel rapporto tra donne e in quello complesso tra un figlio e un padre enigmatico, che ricorda un mago. E poi la vita selvaggia delle montagne, e la storia di un'amicizia tra due grandi scrittrici.

I libri consigliati dalla redazione per ottobre sono libri densi, che scavano nella memoria, nei legami affettivi e nel sé di chi scrive. 

Li trovate qui, come sempre, recensiti dalle redattrici (questa volta sì, solo giornaliste) del Giornale di Brescia. Se volete scriverci, potete cliccare sulle firme in calce alle recensioni. Qui i libri consigliati di settembre.

Ci risentiamo fra un mese.

«A chi smeraldi e a chi rane»
di Bianca Pitzorno

La copertina di A chi smeraldi e a chi rane
La copertina di A chi smeraldi e a chi rane

(Bompiani, 2023, pp. 264, euro 18)

In tutte le fasi della sua vita c’è sempre stata una tartaruga. Zompettante sul pavimento di casa, ma anche infilata nella cartella di scuola, nella preziosa borsa di coccodrillo regalata dalla zia, sotto il banco e perfino nella tasca della giacca. E poco importano i loro nomi - Proserpina, Griselda, Greta, Allegra e la longeva Andrea -, le tartarughe hanno rappresentato, dall’infanzia all’età adulta, una sorta di animale tutelare nel divertente bestiario che Bianca Pitzorno traccia nel suo «A chi smeraldi e a chi rane» per raccontare di sé. 

Uscito l’11 ottobre per Bompiani e letto in anteprima, «A chi smeraldi e a chi rane» è un’autobiografia di un’autrice che ha scelto di riunire i suoi ricordi attraverso gli animali che ha avuto e che hanno scandito i momenti salienti della sua esistenza. E così i primi anni in una Sardegna rurale accompagnati dal germano reale Quaquarone portato al guinzaglio in piazza d’Italia, dal re dei gatti Cipria e dalle lotte contro i bulli per difendere cani e gabbiani presi di mira scivolano nella Cagliari dell’università fino alla Milano affrontata con pochi soldi e una gatta che sa rispondere al telefono. Le prime esperienze lavorative nella tv hanno come protagonista un improbabile cucciolo di leone, i primi amori ricevono in dono raganelle catturate da uno squattrinato ma sollecito spasimante all’Idroscalo. Non c’è un ordine cronologico nella narrazione che Pitzorno fa di se stessa: salta dal primo dopoguerra agli anni Sessanta, viaggiando per anni nei quali gli animali si aggiravano con più libertà nelle città ed era la norma per chi cresceva in campagna assistere almeno una volta, anche per sbaglio, a un contadino che affogava una cucciolata di gattini. Da bambina legatissima agli animali non perde occasione, anche da adulta, di salvare quelli in pericolo e custodirli in casa finché non si saranno ripresi, o a tempo indeterminato, costringendo gli altri abitanti a convivere con un gabbiano scontroso o tre pipistrellini. 

È un libro di aneddoti, che per levità, ritmo e concretezza di linguaggio ricorda «Lessico famigliare» di Natalia Ginzburg. I capitoli brevi, tutti intitolati ai «troppi animali», aprono al lettore squarci di un paese che non c’è più, descritto senza nostalgia ma in quel modo luminoso che hanno le pagine riempite in stato di grazia, quella particolare sensazione che può avere chi scrive quando aderisce perfettamente a ciò che ha da dire. 

(Laura Fasani, redazione Web)

«Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di un’amicizia»
di Sara De Simone

La copertina di Nessuna come lei
La copertina di Nessuna come lei

(Neri Pozza, 2023, pp. 428, euro 22, ebook 9,99 euro)

Virginia e Katherine leggono l’Ulisse di Joyce e ne ridono; d’un tratto, però, si fermano: c’è qualcosa d’innegabile valore in quel libro, e lo riconoscono. In questa scena c’è moltissimo del rapporto tra due donne, due grandi scrittrici alle quali la giovane studiosa Sara De Simone dedica un libro avvincente e struggente: «Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di un’amicizia».

Woolf e Mansfield s’incontrano nel 1916, si conoscono – nonostante le snobistiche resistenze della prima - e si riconoscono come avviene alle anime gemelle pur essendo diversissime per temperamento, modus vivendi, situazione economica, matrimonio: ad accomunarle è l’assoluta priorità della scrittura nelle loro vite. Da qui parte una relazione fatta di «ore impagabili» a discutere di letteratura e lunghi silenzi vissuti dalla Woolf come abbandoni, ammirazione reciproca e gelosia, confronto non sempre pacifico sulle proprie opere e complicità in un mondo di intellettuali in cui una scrittrice non è contemplata, figuriamoci due contemporaneamente.

E allora il documentatissimo volume di De Simone (che comprende anche materiali finora inediti in Italia) diventa uno spaccato di storia della letteratura, una inconsueta galleria di ritratti di scrittori dell’epoca (Eliot formale fino alla tetraggine, Lawrence impulsivo e ossessionato dal sesso), un affascinante dietro le quinte dell’attività delle due scrittrici tra slanci e tentennamenti, successi e delusioni, soprattutto fatica: la fatica di scrivere esplorando nuovi territori e insieme di legittimare la propria scrittura.

Un cenno merita anche il racconto dell’appassionato-appassionante avvio della Hogarth Press, la casa editrice dei coniugi Woolf, di cui proprio «Preludio» di Mansfield fu uno dei primi titoli, pazientemente stampato (e addirittura cucito a mano) da Virginia e Leonard. E se «Nessuna come lei» dice molto di opere e giorni di una scrittrice conosciutissima e venerata come Virginia Woolf, l’impressione è che il focus sia soprattutto su Katherine Mansfield, per lo più osservata attraverso gli occhi della stessa Woolf. Katherine – la talentuosa, brillante, istrionica, eccessiva – appare come un personaggio tragico, in bilico tra un’insaziabile fame di vita e una malattia che la porterà inesorabilmente a una morte precoce. Così si termina la lettura provando una sorta di rimpianto, se non di predilezione, per la frangetta e le follie e i racconti non scritti di Mansfield.

Quanto a Woolf, la notizia della morte dell’amica la colse in uno dei periodi di silenzio tra loro, quando era già avvenuto l’incontro fondamentale con Vita Sacville-West. Ma Virginia prese a sognare Katherine, e lo fece fino alla fine. Come continuò a interpellarla, in cuor suo, su tutto quello che scrisse.

(Francesca Sandrini, vicecaposervizio redazione Cronaca e Provincia)

«Le otto montagne»
di Paolo Cognetti

La copertina di Le otto montagne
La copertina di Le otto montagne

(Einaudi, 2016, pp. 208, 13 euro, ebook 8,99 euro)

«Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa». Tornato in prima fila sugli scaffali delle librerie per l'omonimo lungometraggio che ne hanno tratto Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (David di Donatello 2023 come miglior film), «Le otto montagne» di Paolo Cognetti racconta la storia di due amici. Due bambini, poi ragazzi e poi uomini, le cui vite si intrecciano al cospetto di creste e pietraie. Un legame potente, che li tiene vicini anche quando le avventure dell'infanzia cedono il passo alle asperità della vita adulta e che trova la sua essenza nell'incalzare di fughe e ritorni. Da una parte c'è Pietro, che nell'amore per la montagna trova (e ritrova) la connessione con suo padre e la sua memoria, dall'altra parte c'è Bruno, che tra pascoli e cime ci è nato. La loro amicizia è narrata da Cognetti con uno stile raffinato ma concreto, da romanziere ruvido e dolce allo stesso tempo, che riesce a cogliere e sussurrare quegli insegnamenti che riposano sul fondo dei laghi alpini, sotto le pietre lisciate dal torrente, nei cieli tersi oltre le nuvole e tra i larici nei boschi.

Chi ha avuto la fortuna di costruirsi ricordi in alta quota, in queste pagine sentirà nostalgia, commozione, grande bisogno di tornare. E chi è in cerca di un sentiero, in questo romanzo troverà una traccia. Non stupisce che «Le otto montagne», che deve il suo titolo a una leggenda nepalese, abbia vinto diversi premi letterari tra cui lo Strega nel 2017. Tradotto in oltre 35 lingue, è un libro in cui immergersi, come in un ruscello gelido: l'acqua che attraversa le caviglie e scorre verso il basso è il passato, «il futuro è l'acqua che scende dall'alto, portando pericoli e sorprese». «Le otto montagne» insegna a stare nel presente.

(Francesca Renica, vicecaposervizio redazione Web)

«La casa del mago»
di Emanuele Trevi

La copertina di La casa del mago
La copertina di La casa del mago

(Ponte alle Grazie, 2023, pp. 256, 18 euro)

«La casa del mago» di Emanuele Trevi è prima di ogni altra cosa un racconto molto sincero (nel senso in cui sa esserlo la letteratura) su «quell’uomo enigmatico» che fu il padre dell’autore, lo psicanalista junghiano Mario Trevi. Fondato su dati di realtà, è un film della memoria, nel quale le dosi di autobiografia sono dettate dalla fantasia del narratore. Il quale va a vivere nella casa del padre, l’antro in penombra di «un rintanato», grande «guaritore» di anime ferite. Il figlio entra nella «casa del mago» in punta di piedi e con l’atteggiamento di un uccello di passaggio che vi si ricava un nido provvisorio: per lui la casa è un museo, pieno di lasciti paterni, evocatori dei ricordi di un rapporto intimo e silenzioso fra due nature diverse.

Trevi scrittore inizia a far parlare la casa, gli oggetti, rianima le creature che dormono fra le pagine dei libri, riascolta le voci dei morti, in un’atmosfera colma di presenza/assenza e attesa. Di questo egli si occupa meticolosamente, mentre intorno a lui la vita brulica in maniera casuale, fuori controllo, eppure non priva di una sua sorprendente bellezza.

Nessuno conosce il padre come un figlio. Con l’ombra di Jung che aleggia nella casa (il figlio ha trovato una copia di «Simboli della trasformazione» fittamente chiosata dal padre, e la legge avidamente), il romanzo si popola di donne, reali (con due personaggi molto divertenti) o sognate. A trionfare è la scrittura colta e insieme accattivante di Emanuele Trevi, che coinvolge il lettore nell’indagine su quel genitore taciturno, irraggiungibile, unico: un «mago illuminista».

«La casa del mago» (il rimando del titolo a «Mario e il mago» di Thomas Mann ci svia verso una prospettiva nella quale il vero mago sarebbe il figlio scrittore) coinvolge il lettore in un viaggio nella complessità dei sentimenti, facendogli anche fare qualche balzo sulla sedia. È forte la coesione di questo racconto, come forte è il rapporto tra figlio e padre, e l’intreccio delle loro affinità e diversità, in una continua, avvincente sfida all’indicibile. Un libro da non perdere.

(Paola Carmignani, redazione Cultura e Spettacoli)

«Donne che corrono coi lupi» 
di Clarissa Pinkola Estés

La copertina di Donne che corrono coi lupi
La copertina di Donne che corrono coi lupi

(traduzione di M. Pizzorno, Sperling & Kupfer, 2016, pp. 605, 15 euro) 

Ci sono libri che diventano pietre miliari di alcuni cammini. Volumi potenti che legano persone sconosciute tra loro, ma che si assomigliano per indole, carisma, valori e riferimenti, anche se appartengono a generazioni e luoghi del mondo lontanissimi. «Donne che corrono coi lupi» di Clarissa Pinkola Estés è una di quelle opere intramontabili che, prima o dopo, finisce sul comodino di una donna in contatto con una profonda crisi personale. Spesso succede perché le è stato consigliato, citato o prestato da un'altra donna, in un passaparola miracoloso che va avanti dal 1992 (rinfocolato dall'edizione ampliata nel 2007 e, oggi, dai social). Intendiamoci, agli uomini non ne è affatto sconsigliata la lettura, anzi.

Psicanalista junghiana, Pinkola Estès ha partorito quest'opera - la prima, ineguagliata dalle sorelle minori che l'hanno seguita - dopo vent'anni di ricerche, attingendo a studi di etnologia e pescando a piene mani da cantadori delle culture più disparate. Specializzata in disturbi post traumatici, l'autrice ha dato alla luce un saggio di non facile digestione che ruota tutto attorno alla figura Donna Selvaggia, svelandola una fiaba dell'infanzia dopo l'altra. Da Barbablù alla Piccola fiammiferaia, dal Brutto anatroccolo a miti e racconti tribali, «Donne che corrono coi lupi» traccia il sentiero psicoanalitico del Femminile, mettendo in fila alcune consapevolezze che risuonano a molte come un richiamo atavico. 

Lo fa ricostruendo il potere istintivo e creatore che esiste in ogni donna, nonostante sia spesso ingabbiato da stereotipi, paure, insicurezze, censure imposte dalla società e da sé stesse. Leggerlo costa parecchia fatica, perché non è né scorrevole né leggero e richiede una profondità e una concentrazione non banali. Si incontrano dei passaggi durante la lettura in cui davvero ululare alla luna sembra l'unica via di fuga, serve resistere. Resta comunque un lavoro stimolante e teneramente familiare, che alterna di pagina in pagina ceffoni vibranti di realtà a amorevole consolazione. Il rischio è elevarlo a manifesto autoreferenziale di una comunità di sagge figlie di un unico spirito: molto consolatoria la sua aspirazione universale, ma è prezioso leggerlo mantenendo una distaccata e rispettosa curiosità critica. 

(Francesca Renica, vicecaposervizio redazione Web)

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