Quel Ceruti sacro, vicenda laterale d’un artista in dialogo con i grandi maestri
A completare l’esatta ricostruzione della fisionomia artistica di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto (Milano 1698-1767) al centro delle attività espositive cittadine nell’anno di Bergamo Brescia Capitale della Cultura, a partire dalla grande rassegna in corso a Santa Giulia «Miseria e nobiltà», non poteva mancare una riflessione su una parte meno nota della produzione del maestro, ovvero quella di pittore sacro.
Al Museo Diocesano, «Ceruti sacro e la pittura a Brescia tra Ricci e Tiepolo», in programma fino al 21 maggio negli spazi dell’ex refettorio, aggiunge un importante tassello alla riscoperta del maestro, ricostruendo questa parte laterale della sua attività attraverso la proposta dell’intera, seppur contenuta, produzione di opere di carattere religioso (complessivamente dieci) realizzate durante la sua permanenza in provincia di Brescia, tra la Val Camonica e la Val Sabbia, cui si aggiungono due dipinti provenienti dalla provincia di Piacenza e da Crema.
Ruolo da protagonista
«Un evento che ci permette di sottolineare la ricerca del sacro di Ceruti - sottolinea Mauro Salvatore, direttore del Museo - esponendo tele considerate fin qui secondarie, ma in grado di testimoniare un aspetto comunque importante della sua vocazione artistica». Il catalogo della mostra (Compagnia della Stampa, Massetti e Rodella editori) contiene anche contributi di Andrea Crescini, Fiorenzo Fisogni, Fiorella Frisoni, Francesco Nezosi, Marco Rocchini e Federico Troletti. Prospettive.
Se gli studi più recenti hanno ormai rivalutato lo spessore del percorso del maestro milanese, a lungo attivo a Brescia, che lo ha visto ritagliarsi grazie ai suoi «pitocchi» e ai numerosi ritratti di aristocratici e notabili un ruolo di prim’ordine nel panorama italiano non solo del Settecento, l’attenzione critica intorno alla sua produzione sacra ne ha d’altra parte denotato una scarsa propensione al tema, affrontato raramente e con esiti discontinui rispetto al resto dei suoi dipinti. «Il miglior Ceruti sacro - spiega Angelo Loda - è quello nella basilica di Santa Maria Assunta di Gandino (Bergamo), impossibile da trasportare e quindi visitabile in loco, quale sezione staccata della mostra. Nel percorso, che inizia con le opere eseguite in Val Camonica, decisamente deboli, spiccano le due tele provenienti da Bione, fin qui mai esposte, che rappresentano il momento in cui il pittore riesce meglio a calibrare il realismo con una scena sacra briosa ed elegante».
Per riannodare i fili della vicenda del Ceruti sacro, senz’altro laterale, ma non per questo non meritevole di un’approfondita analisi, anche per chiarire diversi dubbi attributivi, il percorso espositivo è completato da un nucleo significativo di dipinti sacri dei più importanti artisti attivi nel territorio bresciano e bergamasco all’inizio del XVIII secolo, a cominciare da Ricci e Giovambattista Tiepolo, a Celesti e Cifrondi, per chiudere autori attivi tra gli anni Venti e Quaranta, come Tortelli, Antonio e Angelo Paglia (sua la bella «Maddalena» in passato erroneamente attribuita a Ceruti), e Monti.
E ancora tele importanti di Cignaroli, Bencovich, Batoni e Carloni, presente con l’unica opera di soggetto non sacro, «Venere, Cupido ed amorini», che chiude una ricognizione capace di tratteggiare la vitalità del panorama artistico locale e la presenza di una committenza in grado di rivolgersi ai migliori interpreti del periodo. Orario di apertura: tutti i giorni, tranne il mercoledì, 10-12 e 15-18. Biglietti: 8 euro, 4 euro ridotto. Riduzioni col biglietto della mostra «Miseria e Nobiltà», per info: 030-40233; www.museodiocesano.brescia.it.
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