La Rai compie 70 anni: dal mondo in tv al nuovo «mondo-tv»

Settant’anni e non sentirli. La Rai, di fatto la televisione italiana tout court per i primi 20 anni - quella che agli albori ironicamente Eduardo De Filippo definì «l’elettrodomestico», salvo ricredersi quando le sue commedie furono video-trasmesse con successo - festeggia 7 decadi di attività da quel 3 gennaio 1954 in cui avviò trasmissioni regolari, dopo alcuni mesi di sperimentazioni.
C’erano già il Tg, «La domenica sportiva» e Mike Bongiorno, e, il 24 gennaio, la prima telecronaca di calcio (Italia-Egitto 5-1). La radio aveva appena festeggiato i 5 milioni di abbonati, mentre quelli del nuovo mezzo (spesso fruito "in collettivo" fra conoscenti e bar) erano solo 24mila. Ma diventeranno 90mila a fine anno e nel 1964 già più di 5 milioni.
Se J. Robert Oppenheimer, padre della bomba atomica, turbato s’identificò amaramente potenziale «distruttore di mondi», la tv può ben vantarsi d’essere stata ed essere “costruttrice di mondi”. La “visione a distanza” insita nel suo nome ha spalancato il mondo esistente ai telespettatori; e nei decenni ne ha aggiunto uno parallelo, virtuale ma non troppo, che ogni giorno prende vita e agisce eventi&situazioni dentro i mezzi di fruizione evoluti e moltiplicati da quel basico televisore Anni 50.
Paleo e Neo-tv
I sacri testi distinguono paleotelevisione e neotelevisione. La prima realizzò ciò che Massimo D’Azeglio aveva auspicato dopo l’Unità, cioè «fare gli italiani». Era la tv pedagogica degli sceneggiati e didattica del maestro Alberto Manzi; dei primi programmi di massa come «Lascia o raddoppia?» che fecero del video il nuovo focolare domestico. La neotelevisione è quella che via via più modernamente ha accumulato, per capacità e ascolti sempre più grandi, e programmazione h.24, una sua identità, anche autoreferenziale, fino ad assurgere a vero e proprio mondo-tv con codici e riti propri.
Per farsi un’idea di quel passato oggi basta connettersi a www.teche.rai.it: si spalanca un universo non a caso sul sito etichettato come «più di quanto ricordi». C’è molto (non tutto: tanti materiali sono andati perduti), compresi i riferimenti a quel 3 gennaio di 70 anni fa, a cominciare da Vito Molinari, regista della trasmissione inaugurale. E la prima delle 12 puntate (ora su RaiPlay) del programma del 1979 «Quando è arrivata la televisione», di Sabino Acquaviva ed Ermanno Olmi.

Così, per paradosso, sul Web si conserva memoria della tv che fu, sublimando uno snodo recente nell’evoluzione della tv: la sfida di Internet (sistema) e Web (contenuti) che essa ha sofferto e soffre, ma a cui è bellamente sopravvissuta, anzi sfruttando i device moderni e connessi (pc, tablet, cellulari) per diffondersi ulteriormente, e coinvolgendo i social media nelle sue trasmissioni. Poiché, come cantava Enzo Jannacci nel 1975, «la televisiùn la g’ha na forsa de leùn».
Ed è vero: la vegliarda ha affrontato e superato tanti momenti epocali e mutamenti tecnologici da meritarsi massimo rispetto. E la Rai, pur avendo perduto il monopolio (nel 1972 da Tele Biella; nel 1976 dalla sentenza liberalizzatrice della Consulta) e subendo la concorrenza di Mediaset, La7 e altre, nonché della pay-tv Sky, ne resta cuore pulsante. Anche se il recente taglio del canone da 90 a 70 euro l’anno l’ha pochi giorni fa spinta a chiedere la rimozione dei limiti di legge sulla pubblicità, per poterne vendere di più e trovare lì nuove risorse.
Tra politica e web
Sulla Rai odierna pesa anche l’addio di validissimi protagonisti (da Fazio all’Annunziata ad Augias...) in fuga dal “nuovo corso” teso a rimuovere ciò che - per lo spoil-system d’alternanza politica - il governo definisce “l’egemonia culturale” di Sinistra (col paradosso d’un concetto gramsciano utilizzato da Destra!) e i flop nel 2023 di parecchi nuovi programmi e volti. Del resto, con la politica, la tv italiana (la Rai in particolare) ha un legame problematico da sempre e tutt’ora irrisolto.
Da risolvere c’è invece la recente convivenza con lo streaming, neo-frontiera della tele-visione. Viviamo “gli anni delle piattaforme”, con big transnazionali come Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, Apple TV+ e altri, che sul Web in abbonamento mietono successo. E RaiPlay, se non sarà potenziata e incrementata nei contenuti, non basta. Quanto alla tv generalista via etere, i dati d’ascolto dicono che è sì in crisi (secondo Agcom -2,31 milioni di spettatori, cioè -11% nel prime time e nel giorno medio rispetto al 2022), ma non moribonda. Resta quella capace di ascolti milionari grazie alla forza della diretta. E 70 anni dopo la nascita è ancora pienamente in partita...
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