Cultura

La Rai compie 70 anni: dal mondo in tv al nuovo «mondo-tv»

La televisione pubblica il 3 gennaio 1954 avviò trasmissioni regolari, dopo alcuni mesi di sperimentazioni
«Lascia o raddoppia?» con Mike Bongiorno debuttò il 26 novembre 1955
«Lascia o raddoppia?» con Mike Bongiorno debuttò il 26 novembre 1955
AA

Settant’anni e non sentirli. La Rai, di fatto la televisione italiana tout court per i primi 20 anni - quella che agli albori ironicamente Eduardo De Filippo definì «l’elettrodomestico», salvo ricredersi quando le sue commedie furono video-trasmesse con successo - festeggia 7 decadi di attività da quel 3 gennaio 1954 in cui avviò trasmissioni regolari, dopo alcuni mesi di sperimentazioni.

C’erano già il Tg, «La domenica sportiva» e Mike Bongiorno, e, il 24 gennaio, la prima telecronaca di calcio (Italia-Egitto 5-1). La radio aveva appena festeggiato i 5 milioni di abbonati, mentre quelli del nuovo mezzo (spesso fruito "in collettivo" fra conoscenti e bar) erano solo 24mila. Ma diventeranno 90mila a fine anno e nel 1964 già più di 5 milioni.

Se J. Robert Oppenheimer, padre della bomba atomica, turbato s’identificò amaramente potenziale «distruttore di mondi», la tv può ben vantarsi d’essere stata ed essere “costruttrice di mondi”. La “visione a distanza” insita nel suo nome ha spalancato il mondo esistente ai telespettatori; e nei decenni ne ha aggiunto uno parallelo, virtuale ma non troppo, che ogni giorno prende vita e agisce eventi&situazioni dentro i mezzi di fruizione evoluti e moltiplicati da quel basico televisore Anni 50.

Paleo e Neo-tv

I sacri testi distinguono paleotelevisione e neotelevisione. La prima realizzò ciò che Massimo D’Azeglio aveva auspicato dopo l’Unità, cioè «fare gli italiani». Era la tv pedagogica degli sceneggiati e didattica del maestro Alberto Manzi; dei primi programmi di massa come «Lascia o raddoppia?» che fecero del video il nuovo focolare domestico. La neotelevisione è quella che via via più modernamente ha accumulato, per capacità e ascolti sempre più grandi, e programmazione h.24, una sua identità, anche autoreferenziale, fino ad assurgere a vero e proprio mondo-tv con codici e riti propri.

Per farsi un’idea di quel passato oggi basta connettersi a www.teche.rai.it: si spalanca un universo non a caso sul sito etichettato come «più di quanto ricordi». C’è molto (non tutto: tanti materiali sono andati perduti), compresi i riferimenti a quel 3 gennaio di 70 anni fa, a cominciare da Vito Molinari, regista della trasmissione inaugurale. E la prima delle 12 puntate (ora su RaiPlay) del programma del 1979 «Quando è arrivata la televisione», di Sabino Acquaviva ed Ermanno Olmi.

La Nazionale di calcio in diretta da San Siro il 21 ottobre 1953
La Nazionale di calcio in diretta da San Siro il 21 ottobre 1953

Così, per paradosso, sul Web si conserva memoria della tv che fu, sublimando uno snodo recente nell’evoluzione della tv: la sfida di Internet (sistema) e Web (contenuti) che essa ha sofferto e soffre, ma a cui è bellamente sopravvissuta, anzi sfruttando i device moderni e connessi (pc, tablet, cellulari) per diffondersi ulteriormente, e coinvolgendo i social media nelle sue trasmissioni. Poiché, come cantava Enzo Jannacci nel 1975, «la televisiùn la g’ha na forsa de leùn».

Ed è vero: la vegliarda ha affrontato e superato tanti momenti epocali e mutamenti tecnologici da meritarsi massimo rispetto. E la Rai, pur avendo perduto il monopolio (nel 1972 da Tele Biella; nel 1976 dalla sentenza liberalizzatrice della Consulta) e subendo la concorrenza di Mediaset, La7 e altre, nonché della pay-tv Sky, ne resta cuore pulsante. Anche se il recente taglio del canone da 90 a 70 euro l’anno l’ha pochi giorni fa spinta a chiedere la rimozione dei limiti di legge sulla pubblicità, per poterne vendere di più e trovare lì nuove risorse.

Tra politica e web

Sulla Rai odierna pesa anche l’addio di validissimi protagonisti (da Fazio all’Annunziata ad Augias...) in fuga dal “nuovo corso” teso a rimuovere ciò che - per lo spoil-system d’alternanza politica - il governo definisce “l’egemonia culturale” di Sinistra (col paradosso d’un concetto gramsciano utilizzato da Destra!) e i flop nel 2023 di parecchi nuovi programmi e volti. Del resto, con la politica, la tv italiana (la Rai in particolare) ha un legame problematico da sempre e tutt’ora irrisolto.

Da risolvere c’è invece la recente convivenza con lo streaming, neo-frontiera della tele-visione. Viviamo “gli anni delle piattaforme”, con big transnazionali come Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, Apple TV+ e altri, che sul Web in abbonamento mietono successo. E RaiPlay, se non sarà potenziata e incrementata nei contenuti, non basta. Quanto alla tv generalista via etere, i dati d’ascolto dicono che è sì in crisi (secondo Agcom -2,31 milioni di spettatori, cioè -11% nel prime time e nel giorno medio rispetto al 2022), ma non moribonda. Resta quella capace di ascolti milionari grazie alla forza della diretta. E 70 anni dopo la nascita è ancora pienamente in partita... 

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato