Cultura

La magia di De Gregori incanta il Palabrescia

L'artista romano ha esaltato i 1.200 spettatori del Palabrescia tra grandi canzoni e un pensiero a Dalla.
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Francesco De Gregori ha stregato i 1.200 fan che sabato sera lo hanno applaudito al Palabrescia, ricevendone in cambio un paio d'ore di pura magia, vero toccasana in questi tempi di buio musicale.

Con un cd ancora «fresco» da promuovere, De Gregori si concentra subito sul nuovo materiale («dopo - tranquillizza il pubblico - esponiamo la gioielleria»): l'attacco, impeccabile, è col ritmo sostenuto di «Sulla strada», brano che dà il titolo all'album. Voce piena, appena sabbiata dagli anni, De Gregori nel giro di pochi minuti mostra sia il suo lato più rock, sia quello dolce, con la soave «Passo d'uomo».

Arriva così il momento di curiosare tra le gemme accumulate nello scrigno dei preziosi, piazzando una caraibica «Titanic» e «Viva l'Italia», con applauso di prammatica (ma comunque sincero) sul verso «l'Italia tutta intera».

Oramai De Gregori ha preso velocità: la voce tiene bene, lui padroneggia sicuro microfono e chitarra, sciorina «Generale» quasi con noncuranza, concedendosi il vezzo di riscriverne la metrica, senza deturparne la bellezza. In questo viaggio a cavallo tra le decadi c'è spazio anche per «Bellamore», prima di una breve pausa.
Preludio per il De Gregori unplugged, che si accomoda dietro il pianoforte per una sequenza a fior di cuore. «Sempre e per sempre» e la «Storia siamo noi» mostrano immacolato il loro carisma, ma gli iceberg dell'anima cedono di schianto davanti a «Santa Lucia». Commovente, intensa, un pezzo di bravura che sfuma in «Come è profondo il mare», il cui immortale riff è disegnato dalla fisarmonica. È un saluto a Lucio Dalla ricco di pudore, ma la platea ne gode fino all'ultima goccia.

Francesco torna al centro del palco, «arringa» la folla e la sferza col rock pesante di «Bambini Venite Parvulos». La clessidra gioca a sfavore della musica: troppe canzoni da cantare, troppe cose ancora da dire. Troppa strada è stata fatta per ricordarne ogni tappa, per ricostruire ogni emozione. Lui macina ancora qualche spartito, poi dice arrivederci con «La donna cannone» ed una interminabile «Buonanotte fiorellino». Un invito, quest'ultimo, che il pubblico non coglie. La folla lo reclama a gran voce e si raduna sotto il palco per «Rimmel», il bis perfetto, il saluto più atteso. È l'incantesimo delle parole, la più grande «stregoneria» di un Principe senza corona, che regna placido sulla canzone d'autore.
Rosario Rampulla

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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