L'8 agosto 1993 moriva in Perù lo scalatore Battistino Bonali
Lo spazio che accoglie le vignette «in punta di matita» firmate da Luca Ghidinelli aggiunge un tocco nostrano e si fa guida alla scoperta (o riscoperta) di figure di oggi e di ieri di figli della Leonessa ai quali in occasione di ricorrenze più o meno note il vignettista bresciano dedica una sua tavola. E attraverso essa - che si guardi alla storia o al mondo dello sport, agli spettacoli o alla politica - i lettori possono con un sorriso rinnovare ricordi e conoscenze tutti squisitamente di marca bresciana.
L'8 agosto 1993 ad Huascaran, Perù, moriva trentenne il biennese Battista «Battistino» Bonali, scalatore che a cavallo tra gli anni '80 e '90 considerato uno dei più forti alpinisti italiani e che fu protagonista di imprese alpinistiche in Himalaya ed in Perù.
Nel 1991 con Leopold Sulovsky conquistava la parete Nord dell'Everest senza l'utilizzo di ossigeno. Fu una impresa epica. Per la prima volta si superava integralmente una fascia rocciosa di 80 metri ad una altezza di 8.400 metri con difficoltà di 5° grado.
Soprattutto, la storia di Bonali è legata al Perù. Ci andò la prima volta nel 1990, per scalare le magnifiche cime della Cordillera Blanca. Lo fece con alcuni ragazzi della scuola di intagliatori di Chacas. Raggiunsero la cima del Huascaran. Per la prima volta dei ragazzini campesinos toccarono la vetta della loro grande montagna dalle nevi eterne. In quell'occasione conobbe Padre Ugo e l'organizzazione che aveva creato: l'Operazione Mato Grosso. Si innamorò del progetto e dopo un periodo di condivisione con i ragazzi dell'O.M.G. promise che sarebbe tornato.
Battista aveva toccato con mano la povertà degli abitanti dei villaggi ai piedi della montagna e non ne restò indifferente. Rientrò in Italia, ma il contatto e l'amicizia con Padre Ugo proseguirono e nel 1993 ritornò in Perù per compiere una grande impresa: scalare la parete Nord del Huascaran, con l'intento di «salire in alto per aiutare chi sta in basso», come era solito dire.
L'impresa però si trasformò in tragedia: a poche decine di metri dalla vetta, una slavina travolse lui e l'amico Giandomenico Ducoli, che lo aveva accompagnato in terra peruviana.
Da allora vari giovani dell'Operazione Mato Grosso hanno voluto raccogliere il testimone ed hanno cercato di portare avanti ciò che Battista stava iniziando a percorrere sulle Ande. Un cammino faticoso da cui sono nati i rifugi Andini e le Guide Don Bosco, che tracciano i sentieri per i turisti che vogliono cimentarsi sulle Ande.
Alla memoria di Bonali è stato dedicato il Rifugio Torsoleto, sull'omonimo monte sopra il paesino di Paisco Loveno, in alta Val Camonica, sulla strada per il passo del Vivione.
Battista lasciò ai posteri, quasi fosse una sorta di testamento spirituale, una poesia che pubblichiamo integralmente, nella sua bellezza:
«Grazie Montagna per avermi dato lezioni di vita,
perché faticando ho appreso a gustare il riposo,
perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso d'acqua fresca,
perché stanco mi sono fermato ed ho potuto ammirare la bellezza di un fiore,
la libertà del volo di uccelli
ed ho potuto respirare il profumo della semplicità.
Grazie Montagna perché immerso nel tuo silenzio
mi sono visto allo specchio
e spaventato ho ammesso la mia necessità di verità ed amore,
perché soffrendo ho gustato la gioia della vetta
percependo che le cose vere,
quelle che portano alla felicità,
si ottengono solo con fatica
e chi non sa soffrire, mai potrà capire».
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