«In_Contemporanea»: torna il dialogo tra arte e spiritualità
La sua intera produzione è legata al tema del corpo, ma è nella rappresentazione di una forma perennemente sottoposta ad evoluzione che alberga il suo personale concetto di sacralità dell’arte.Raul Gabriel (Buenos Aires, 1966), artista argentino di stanza tra Londra e Milano dove conduce una ricerca che dalla musica lo ha portato a spaziare tra pittura e videoarte, è il protagonista dell’appuntamento inaugurale di «In_Contemporanea. Artisti in Dialogo», ciclo di incontri promossi dalla Collezione Paolo VI Arte Contemporanea di Concesio per indagare le ultime frontiere derivate dal binomio arte e spiritualità (sabato prossimo, 30 ottobre, alle 16.30, in doppia modalità: online e in presenza ).
Il concetto di evoluzione è la parola chiave per leggere la sua produzione, è veicolo di rappresentazione del sacro e sarà anche il punto d’avvio del suo intervento bresciano alla Collezione Paolo VI...
Esatto. L’incontro partirà da una panoramica del mio lavoro generale, raccontato attraverso la visione di alcuni cicli di opere realizzati negli anni. Nasco come musicista, successivamente sono approdato all’astrazione e alle arti visive come autodidatta seguendo quella che chiamo «the irresistible force». Per me è stata una sorta di conversione. Le prime tele erano grumi ridondanti di colore, che si sono via via asciugate acquisendo maggiore sintesi formale, come le serie «Tapescapes» o «Nothings». Poi è stata la volta dei video, che considero un’estensione asimmetrica della pittura e dove sostituisco il tratto pittorico con l’intreccio di gesto e immagine. Successive sperimentazioni le ho effettuate con la tecnologia 3D. Mi muovo sempre sull’irradiazione di una necessità interna, i medium e la sintassi dei miei lavori sono una conseguenza.
In questo contesto come s’inserisce il tema del sacro?
Occorre operare un distinguo tra arte con soggetto sacro (quindi al servizio della liturgia) e arte sacra. La prima è una parte del mio percorso, che peraltro coincide col mio approccio alla scultura. Esempi che mostrerò all’incontro di Concesio sono l’altare per la chiesa di Olmo - realizzato per essere simbolo focale del presbiterio e che racchiude la mia interpretazione spaziale e di contenuto del luogo - o gli interventi nella Chiesa di Santa Maria di Colle di Perugia e a Gubbio, tutti pensati in relazione alla storia, al contesto e all’architettura dei luoghi. Per quanto riguarda i video potrei citare «Xfiction», un lavoro sulla natura ambigua della verità, in cui il corpo è quello di un uomo o quello di Cristo in base alla disponibilità dell’osservatore. Il secondo concetto, invece, ha a che fare col fatto che l’arte autentica è sempre sacra, a prescindere dal tema religioso. Artisti come Mark Rothko o Francis Bacon sono sacri; tutta l’arte che evolve e sfugge alla ripetizione è sacra. Non è sacro il manierismo, ciò che è reiterato e sempre uguale a se stesso.
Da qui, dunque, quel costante processo di evoluzione a cui sottopone la sua produzione...
L’opera accade nel momento in cui viene realizzata, vive il suo destino e poi in qualche modo si stacca dall’autore. Sento il bisogno di andare oltre, cercare lo stesso fuoco e la stessa intensità ma con forme diverse, evolvere. Spesso questo contrasta con la struttura di un sistema - quello del mercato - che predilige forme già conosciute e ricerca la similitudine per auto-confermarsi. Le novità e la singolarità destano sempre una serie di problemi: accade in musica, penso a Charlie Parker e all’introduzione del sistema modale in alternativa a quello tonale, così come in pittura, ad esempio col processo di metabolizzazione delle Avanguardie novecentesche. Quando il sistema accetta l’innovazione quest’ultima entra a far parte dell’accademia.
Tornando al fronte «arte e sacro», si sente spesso chiamare in causa l’utilizzo della luce (come materiale costitutivo dell’opera o evocata tramite il colore oro...) come escamotage per rappresentare il trascendente, il divino. Nel suo caso, invece, è un modo ulteriore per rileggere la forma. Ci spiega meglio questo concetto?
La luce è fisica poiché interpella concretamente la materia, ha una sua densità e rilegge costantemente forma. I lavori della serie «Zoo» incarnano bene questo concetto di luce come materia plastica in relazione alla forma: sono composizioni sufficientemente strutturate da indurre lo spettatore a riconoscervi qualcosa, ma anche distorte quanto basta da lasciare margine all’immaginazione. Non esiste nulla in grado di sfuggire alla concretezza delle cose: l’anima ha a che fare col corpo, l’idea di qualcosa è già l’oggetto stesso.
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