«I due Brigadieri. Vite e delitti tra il Carmine e il Sentierone»: il nuovo libro di Enrico Mirani
Furti, truffe, imbrogli, rapine, banconote false... e quattro morti. Miserie e speranze, aspirazioni e delitti. L’impasto del giallo nella Brescia del primo Novecento... e non solo. «Ho impastato i fatti, inventato i personaggi, rimodellato i luoghi» scrive Enrico Mirani nella nota al lettore.
Fatti e luoghi hanno però una solidità tanto concreta che pare di vivere con quei personaggi, e con loro entrare nella trattoria del Pappagallo d’Oro, o al Caffè Roma, andare al Teatro Sociale per applaudire Fregoli, o per sorridere alle battute pungenti di Petrolini.
Francesco Setti, il Brigadiere del Carmine, attraversa con naturalezza i portici e il corso che separano le due parti della città, quella florida dei palazzi e della borghesia, accanto a quella dolente delle Pescherie. Intrecciate e separate al tempo stesso. La sesta avventura del carabiniere inventato dalla penna di Mirani si svolge nel 1923. Con gli occhi di adesso, siamo esattamente un secolo prima di Brescia e Bergamo capitale della Cultura 2023.
Con lo sguardo rivolto a quel tempo, invece, si vive un anno di transizione, mentre il regime fascista si sta assestando e allunga mani e potere su ogni cosa. Francesco Setti ha acquisito una sua tranquilla postura. I baffi spruzzati di grigio segnano che è passata la stagione delle passioni. Ha un rapporto stabile e complice con Caterina, piacevole e libera quarantenne che da sola manda avanti una trattoria in centro. Con i superiori ha trovato un modo di convivere: lui sopporta, loro lo lasciano fare.
Più adagiato che rassegnato, si accende un toscanello e guarda fuori dalla finestra. Calma apparente. Non solo Francesco Setti si trova presto alle prese con un brutto omicidio, ma scopre che un’intricata trama si avviluppa tra Brescia e Bergamo, con addentellati milanesi.
«I due Brigadieri. Vite e delitti tra il Carmine e il Sentierone» (Liberedizioni, 190 pagine, 16 euro) è il titolo del romanzo che vede all’opera Francesco Setti con un collega, il trevigliese Antonio Neri. Giovane e aitante, tifoso dell’Atalanta e abile conquistatore di grazie femminili, all’inizio il bergamasco appare antipatico al più scontroso bresciano. Ma basterà poco perché i due trovino modo di intendersi.
La trama è avvincente nel suo dipanarsi e porterà il brigadiere bergamasco più di una volta sulle sponde bresciane, così come Setti avrà modo di scoprire Bergamo.
Il romanzo offre ad Enrico Mirani il modo per mettere in campo la sua formazione di storico, la sua abilità di inviato speciale e la passione per la narrazione, che anche stavolta fa da ponte tra avvenimenti epocali e cronaca curiosa.
Fonte di ispirazione sono le pagine dei tre quotidiani bresciani del tempo - La Provincia, Il Cittadino, La Sentinella - e L’Eco di Bergamo, già monopolista della piazza orobica. Molto in comune. Mirani si diverte a sottolineare come le due città abbiano molto in comune. Proprio nel 1923 Bergamo stava mettendo mano alla zona degradata della fiera, all’imbocco del Sentierone, anticipando di nove anni quel che avrebbe fatto Brescia con il quartiere delle Pescherie e la creazione di piazza Vittoria.
A spianare tutto e a delinearne l’impatto rigoroso e lineare, in entrambi i casi, è Marcello Piacentini, l’archistar del funzionalismo littoriano. Molti altri spunti vengono dalle cronache del tempo, tra spettacolo e sport, costume e vita spicciola. Compresa la narrazione, in diretta, del naufragio del battello Italia al largo di Campione del Garda. Bergamo non è meno vivace di Brescia. Il Teatro Donizetti è il fulcro della vita sociale e comunitaria.
Al cinema danno «Cabiria» con le didascalie scritte da Gabriele d’Annunzio. L’Istituto di Arti Grafiche squaderna pagine raffinate e l’Accademia Carrara scalda il cuore dei pittori. Il resto è giallo. Antonio Neri è personaggio troppo ben riuscito perché Francesco Setti se lo lasci sfuggire. Chissà come sarà il loro prossimo incontro?
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