Grattacielo di piazza Vittoria e crollo della diga del Gleno: il nuovo Biesse è in edicola
È il Novecento, con le sue sfide architettoniche - e le sue tragedie - il protagonista del racconto per immagini (e scritti) del nuovo numero di «Biesse», il periodico bimestrale edito dalla Fondazione Negri e dedicato alla storia della provincia bresciana. La 19esima uscita è in edicola con il Giornale di Brescia da giovedì 9 novembre al costo di 8 euro (più il prezzo del quotidiano).
Nel volume si parla dell’avvio del XX secolo, del secolo della modernità, segnato dalla costruzione del grattacielo di piazza Vittoria a Brescia, e dalla tragedia del crollo della diga del Gleno in Val di Scalve, monito all’ybris dell’uomo che sfida la natura badando più ai profitti che alla sicurezza. «In questo numero è certamente il Novecento a farla da padrone - sottolineano nell’editoriale di apertura l’editore Mauro Negri e il direttore Marcello Zane -. Ad iniziare dal simbolo urbano per eccellenza della modernità di un secolo or sono, il grattacielo (ma il nome, come si legge, è vario secondo esigenze di rappresentanza) di piazza della Vittoria, per continuare con altro simbolo gardesano, il Vittoriale degli Italiani del Vate Gabriele D’Annunzio».
La città che sale
È un edificio «da record» con i suoi 57,25 metri di altezza e tredici piani (che il Duce, il giorno dell’inaugurazione il 1° novembre 1932, sale a piedi «con passo giovanile e rapido» segnalano i media dell’epoca), il primo grattacielo costruito in Italia e quello in cemento armato più alto d’Europa. Ma non chiamatelo grattacielo (troppo americano, meglio un italico «torrione») e soprattutto, non osate contestare il Duce all’inaugurazione, come fecero alcuni cittadini per lamentare l’esonero dall’incarico di segretario nazionale del Partito Fascista del bresciano Augusto Turati: la protesta costò il posto all’allora prefetto della città.
Da Mussolini a D’Annunzio, per un’altra impresa: la creazione del monumento a se stesso rappresentato dal Vittoriale. Dall’acquisizione nel 1921 della villa già appartenuta ad Henry Thode, all’affidamento all’architetto Gian Carlo Maroni del ridisegno della residenza e del parco esterno: qui giunge la prua della nave Puglia e vengono creati l’anfiteatro e il Mausoleo con i sepolcri del Vate e dei legionari di Fiume.
Tra Brescia e Bergamo - quest’anno insieme Capitale della Cultura - la rievocazione della tragedia del Gleno, con il crollo della poderosa diga malcostruita, il 1° dicembre 1923: oltre 350 morti in Val di Scalve e lungo il corso del Dezzo fino a Darfo, e la condanna, nel 1927, del titolare della ditta concessionaria dell’impianto, Virgilio Viganò, e del progettista Giovan Battista Santangelo. Ma la modernità è anche l’epopea della Mi-Val, la fabbrica di motociclette attiva a Gardone Val Trompia dal dopoguerra fino agli anni ’90 del secolo scorso.
Territorio in dinamismo
Le pagine dedicate alla «città che cambia» raccontano la storia della chiesa di San Gottardo sulle pendici della Maddalena, quella dell’Istituto dei Derelitti, ora sede del Liceo «Calini», e la costruzione della caserma dei Carabinieri in piazza Tebaldo Brusato. La «provincia dinamica» è quella dell’ampliamento della parrocchiale di Bagnolo Mella negli anni ’50, della costruzione del ponte di Lavenone, e dell’evoluzione della Valle d’Inzino. La parte dedicata al design rievoca la scuola d’arti e mestieri «Moretto».
Tra le curiosità, la fabbrica di carrozze «Battaggia» di Brescia, e il viaggio sulle tracce dei bagni pubblici e delle latrine che punteggiavano la città. Le fotografie raccontano il «prima e dopo» di via Porta Pile e la Brescia ancora agreste a nord del Castello prima del «boom».
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