«Dalla fabbrica all’arte», così fare cultura diventa un’impresa
Un tempo gli artisti lavoravano perlopiù su committenza. Oggi il sistema dell’arte è leggermente cambiato, ma qualcosa del passato rimane (o torna). Come nel caso di «Dalla fabbrica all’arte», nuova esposizione che verrà inaugurata al Museo Diocesano in via Gasparo da Salò il 27 ottobre (visibile negli orari di apertura e con il biglietto del museo fino al 19 novembre) e che parte da un’idea dei Giovani Imprenditori di Confindustria per diffondere la cultura d’impresa unendo due mondi - l’impresa e l’arte - solo apparentemente distanti. L’intento si traduce in una mostra curata dallo storico dell’arte Davide Dotti, che ha selezionato artiste e artisti bresciani che ideassero ognuno un oggetto d’arte per raccontare l’impresa.
L’esposizione
E con materiali non solo artistici: «45 aziende del territorio hanno messo a disposizione i materiali più disparati - dice Dotti -. Peculiarità del progetto è portare gli artisti fuori dagli atelier per farli andare nelle fabbriche». Stefano Bombardieri, Paola Pezzi, Maurizio Donzelli, Monica Carrera, Edoardo Ferrari, Manuel Gardina, Alice Faloretti, Michele Battagliola e Quirino Gnutti sono dunque gli artisti che si vedranno in mostra con opere create ad hoc per un’esposizione dall’animo generativo.
Mauro Salvatore, il direttore del Museo, ha sottolineato proprio quest’aspetto: «L’esposizione è inusuale per il Diocesano. Parte dalla produzione e alla fine diventa opera benefica che va a vantaggio di un’opera d’arte classica». Il 15 novembre alle 18.30 ci sarà infatti la vendita all’asta delle opere (a registrazione libera): il ricavato verrà destinato al restauro dell’«Incoronazione della Vergine» del Moretto nella chiesa dei Santi Nazario e Celso, il cui parroco è monsignor Giambattista Francesconi».
Gli artisti sono soddisfatti del progetto. «È stato interessante riprendere, come in antichità, il lavoro su commissione uscendo dallo studio», dice Bombardieri. «Il mio soggetto, il rinoceronte, non è cambiato. Però sono coinvolti vetro e gomma, che mai avevo inserito». C’è chi invece ha stravolto del tutto la sua consuetudine. Edoardo Ferrari, per esempio, che ha avvertito «un forte stimolo: per me ha significato uscire dal mio abituale lavoro site specific nell’ambito del sacro e della liturgia».
Un primo esperimento, dunque, che «speriamo possa diventare appuntamento annuale, sempre con l’intento di restauro di capolavori che abbiamo in città» ha concluso Dotti.
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