«Biesse»: Brescia città dalle mille fontane, tra industria e Macc dè le Ure
La fotografia maestra di vita? Sì, se la prendiamo non solo romanticamente, ma anche come opportunità; rendendola, cioè, monito rispetto agli errori del passato, cristallizzati e visibili in tutta la loro forza, e come esempio per i pregi e le virtù dimenticati.
L’editoriale che le bresciane e i bresciani leggeranno in apertura dell’undicesimo numero di Biesse, il bimestrale edito dalla Fondazione Negri che racconta Brescia attraverso foto antiche e articoli d’indagine, parla proprio di come gli scatti d’epoca possano diventare spunto per approfondire - senza retorica - il passato della provincia e della città, puntando l’occhio sul locale in un’era che fa del globale il punto di vista privilegiato. Il periodico torna in edicola questo mese, in abbinamento con il Giornale di Brescia, da martedì 12, a 8 euro più il prezzo del quotidiano.
Nei giorni in cui il discorso si concentra sulla tremenda siccità, tra le pagine della rivista di storia bresciana a cura di Marcello Zane - con contributi dello stesso Zane, Silvia Boffelli, Gabriele Chiesa, Franco Ragni e Mauro Negri - lettrici e lettori potranno ammirare il nutrito «popolo» di fontane (scomparse o sopravvissute) di Brescia, con il loro zampillare necessario e la loro capacità ornamentale e d’accoglienza. Non solo: grande spazio è dedicato alla storia della Fert, Impresa Generale Trasporti, con i suoi numerosi soci costituenti (da Giulio Togni a Carlo Manerba), con una bellissima immagine - tra le altre - di una formazione di automobili OM pronte per Sydney, con il personale in posa davanti all’obiettivo di Umberto Negri.
I Magazzini Generali
E poi i Magazzini Generali Borghetto aperti esattamente novant’anni fa, nell’estate del 1932; lo studio fotografico di Cristoforo Capitanio che approdò a Brescia nel 1877; il circuito aereo che nel 1909 interessò Montichiari con i primi, pochissimi velivoli e piloti; il cantiere di Palazzo Carmagnola...
Si prosegue con la stratificazione cronologica dei Macc dè le Ure - con la storia di quando vi era solo la torretta alla quale seguirono l’orologio astronomico e a campana del 1580 (ed è particolarmente curiosa la fotografia di quando, in vista di possibili bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, vennero fatti lavori di protezione e rafforzamento alla Torre dell’orologio, mediante il posizionamento di un robusto muro scarpato in pietrame) - e pure con fatti e immagini che raccontano non solo il cambiamento urbanistico e architettonico della città, ma anche quello sociale e demografico, come la nascita della Casa della Madre e del Fanciullo (la «Goccia di latte») nel 1938.
Non manca una storia controversa: quella del circolo fascista «Lunardini» in via Vantini, che prese il nome da un giovane bresciano ucciso nei pressi di Ponte Mella. Da chi? Per i fascisti, dai sovversivi del quartiere; per le cronache, dalle stesse pallottole dei suoi compagni ebbri.
La stazione di Tormini
Il viaggio fotografico prosegue naturalmente in provincia, partendo dal grande albergo di Ponte di Legno inaugurato il 31 luglio 1910 e passando per la stazione di Tormini e il poligono del Garda, facendo tappa al monumento di Coccaglio e arrivando alla via Mala tra Valle Camonica e Val di Scalve, il cui nome deriva esattamente dal timore che alcuni suoi tratti incutevano — e incutono — in chi la percorre. La storia di come sia nata l’idea, di come fu studiata e di come venne realizzata è particolarmente affascinante, anche perché «Biesse», come sempre, la racconta non solo tramite parole e date, ma anche per scatti che aiutano benissimo la visualizzazione storica.
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