Bazzana: 90 anni tra matite, caricature e fumetti
La caricatura di un professore austero dell’Arnaldo in cattedra. Il profilo di un tizio elegante, impeccabile aplomb persino nel rifugio antiaereo. La cupola del Duomo in fiamme la notte del 13 luglio 1944 dopo il bombardamento alleato. La camionetta della Wehrmacht e la sagoma di un soldato tedesco sul Garda. Il ritratto dell’astronomo Giovanni Paneroni mentre spiega che la terra non gira («O bestie!»), all’angolo fra via Mazzini e i portici di corso Zanardelli. Schizzi ed acquerelli di studente liceale, tracciati con mano ferma e precisa, nell’urgenza di fissare sulla carta visi, espressioni, fatti, cose, sentimenti. L’annuncio di una carriera di illustratore, fumettista, disegnatore, caricaturista avviata poco più che ventenne, poi interrotta per necessità economiche, ripresa dopo la pensione per trasformarsi in passione per la pittura, il paesaggio e l’acquerello. Fino a fare del nostro personaggio un apprezzato artista, tra gli animatori dell’Associazione Martino Dolci.
È Sergio Bazzana. Era il 4 settebre del 1927 quando nacque. 90 anni portati splendidamente nella sua casa studio galleria di Brescia: alle pareti i quadri con i panorami gardesani, gli scorci scomparsi di Brescia ripresi dagli schizzi di gioventù, i paesaggi di montagna, le figure a matita realizzate durante un corso di disegno nel dopoguerra con altri artisti bresciani della sua generazione. E nei cassetti centinaia di schizzi e disegni dal vero realizzati durante gli anni dell’Arici, dell’Arnaldo e delle vacanze a Torri del Benaco; decine di tavole curate fra il 1947 e il 1950 per le affiches pubblicitarie e, soprattutto, per i primi fumetti bresciani pubblicati da Vannini. Che adesso, sotto lo sguardo premuroso della moglie Nuccia, mostra al cronista, ricordando aneddoti, circostanze, date.
Bazzana sfoglia gli originali delle strisce che catturavano la fantasia dei ragazzi in quel secondo dopoguerra. Tratti decisi ed eleganti, che davano vita a tante avventure: banditi e indiani nel selvaggio west, esploratori nella giungla, corsari sugli oceani, cacciatori di leoni nella savana, spadaccini e criminali, eroi ed eroine. Fumetti made in Brescia in salsa americana, che gli permisero di guadagnare qualche soldo mettendo a frutto la sua passione. «Mi è sempre piaciuto disegnare, mi veniva con naturalezza», racconta Bazzana. Fin dai banchi dell’Arici, dopo l’arrivo a Brescia.
La sua famiglia viene da Verona. Il padre, Giuseppe, è ispettore della Singer. Nel 1940 l’azienda gli impone di trasferirsi a Brescia. «Il trasloco è fissato per il 10 giugno - ricorda Sergio - ma viene rimandato». Tutto si ferma nel giorno in cui il duce convoca gli italiani nelle piazze per ascoltare l’annuncio dell’entrata in guerra. La famiglia prende casa in via Boifava; Sergio frequenta il ginnasio all’Arici e il liceo all’Arnaldo.
La sua abilità con la matita è già nota nell’ambiente studentesco. «Realizzavo i "papiri" per le matricole dell’università». Testi e disegni per celebrare l’ingresso fra i goliardi. Bazzana è allergico ai riti del regime. Salta regolarmente i pomeriggi del sabato fascista, e ogni lunedì è sospeso dalle lezioni: «Poco male, andavo a giocare a biliardo in un locale di via Trieste». La notte del 13 luglio 1944 corre in piazza del Duomo, guarda la cupola bruciare, torna a casa e fissa il ricordo su carta con gli acquerelli. «Era impressionante, terribile vedere le fiamme», ricorda.
Nel dopoguerra, per sbarcare il lunario, ecco l’idea dell’amico Elio Barucco da proporre all’editore Vannini: fumetti con disegni di Bazzana e testi suoi. «Ha funzionato per alcuni anni. Era divertente, ma non potevo certo campare con quei disegni». Dopo il militare («A Padova, disegnavo le carte topografiche dei confini con la Jugoslavia per l’ufficio operazioni») la scelta di smettere con la matita e guadagnarsi da vivere. Impiegato alla Singer per 34 anni, in diversi ruoli: responsabile di negozi a Trento, Bolzano, Padova, Brescia, Milano, in giro per l’Italia come ispettore amministrativo.
«Il lavoro mi ha assorbito completamente. In quei decenni non ho più disegnato o dipinto». E poi c’è da seguire la famiglia. Sergio, capo ufficio a Milano, nel 1961 sposa Nuccia, una sua impiegata. Nascono due figlie, Monica (che gli darà due nipoti, Giulia e Gloria) e Barbara. Infine, nel 1984, la pensione.
«Fu un momento delicato della mia vita», sottolinea Bazzana. «Ero ancora giovane, il lavoro mi piaceva, mi sentii un po’ sperso». Finché un giorno, quasi naturalmente, riprende in mano la matita, ricomincia con i colori, i pennelli, la tela. «Ho ritrovato subito la passione iniziale. Era come se non avessi mai smesso di disegnare e dipingere». Una seconda vita, in cui fissare i paesaggi reali e il ricordo di luoghi mutati. Niente più fumetti, ovviamente, ma l’amato Garda, i vicoli di Brescia, le montagne della Valcamonica, la campagna.
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